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Hellenic Funer 2007

Sulle sponde del nostro amato Mediterraneo molte sono le città accompagnate dall'aggettivo "bianco". Tra di esse la splendida Ostuni, vero gioiello dell'Adriatico, o, parlando di capitali, Algeri "la blanche" di cui noi tutti, al di là delle sensibilità politiche individuali che determinano la percezione storica dell'avvenimento, conserviamo le immagini drammatiche ed affascinanti lasciateci da Gillo Pontecorvo nel film "La battaglia di Algeri" girato nel 1965.
Ma se ve n'è una che merita a pieno titolo tale qualifica essa è di certo Atene.
"Atene la bianca" dunque, come la si vede, anzi la si intravede, tra le sciabolate incandescenti di luce abbagliante già di primo mattino, dall'alto della sacra collina dell'Acropoli che da più di venticinque secoli irradia, quasi magneticamente, gli ideali di equilibrio e di tendenza alla perfezione (la vera, unica perfezione è, per i credenti tra i quali chi scrive si annovera, quella divina) recepiti da tutto il mondo, ma soprattutto dalla nostra Italia tanto vicina, nella geografia e nella storia, all'Ellade degli studi giovanili. Vi è poco da fare. Ogni ascensione (quasi un percorso, un viaggio iniziatico) al colle rinnova vecchie emozioni. Queste si trasformano, evolvono col passare degli anni, filtrate dalle esperienze che la vita ci impone: in ogni visita c'è sempre qualcosa di nuovo, soprattutto una sensazione di freschezza spirituale e interiore cha fa da contrappunto al calore esterno. È un sentire intimo, ineffabile, non lontano da quello che potrebbe essere lo "stato di grazia".
Ritornando alle affinità tra i due paesi è ben noto che i greci, parlando degli italiani, dicono ancora oggi "una faccia, una razza", per sottolineare le comuni radici. E lo dicono nonostante una occupazione militare relativamente recente che tuttavia, basta parlarne con gli anziani dei villaggi che ancora se ne ricordano, non ha lasciato le tristi tracce e ferite di altri eserciti forse più agguerriti e professionali, ma lontani anni luce dalla bonomia dei nostri soldati spediti lì senza nemmeno, o quasi, sapere il perché e che appena arrivati fraternizzavano con i bambini giocando, di giorno, a pallone con loro e che attendevano l'imbrunire e la complice notte per onorare con delicati omaggi, sotto la vite, l'ulivo e il fico, le sorelle maggiori, mantenendo così alta quella tradizione nazionale, ben consolidata durante molti secoli e che, stando alle statistiche laconicamente crudeli di sessuologi e sociologi, sembra stia rapidamente scomparendo, ai nostri giorni, dalle italiche contrade. Ecco dove ci porta la società del benessere che fornendoci piaceri più sofisticati ci distrae da quelli più naturali e semplici, basici diremmo, che da tempi immemorabili hanno fatto la gioia di generazioni di italiani. Non per nulla già Ovidio, se non andiamo errati, parlava dei "membruti romani".
Atene, insomma, malgrado i prezzi ormai "europei", il chiasso delle strade, un certo nervosismo degli abitanti che, come tutti quelli delle capitali, hanno tendenza a ritenersi uno o più gradini al di sopra degli altri, rimane comunque una destinazione gradita anche perché le possibilità di rilassarsi dopo le fatiche delle esposizioni sono numerose, con i locali molto "in" dei quartieri alla moda (Kifissia, Vouliagmeni,...) ed i ristorantini, che personalmente preferiamo, in riva al mare, al Pireo soprattutto. In particolare quelli che non appaiono nelle guide turistiche e che sono frequentati dagli autoctoni col doppio vantaggio di disporre di cibi freschi, pesce in questo caso, a prezzi ancora ragionevoli.
Il problema è arrivarci, sia per la toponomastica abbastanza complessa della caotica metropoli che per le angosce che sorgono dopo qualche centinaio di metri percorsi al fianco di un guidatore di taxi ateniese. Il quale non solo immagina di essere un novello Schumacher, ma in più passa gran parte del suo tempo attaccato al telefono per parlare del più o del meno con i colleghi o con la famiglia e, quando si tratti di viaggi in convoglio di più automezzi per trasportare gruppi relativamente cospicui di clienti (è spesso il nostro caso in occasione delle fiere), per mettere a punto con i colleghi una strategia di prezzi omogenea e generalmente aumentata, con pretesti vari, del cinquanta per cento. Talché il percorso da A a B può costare "x" quando il mezzo sia preso da solo, per arrivare a "2x" quando si abbia a che fare con una combriccola di mariuoli. Né si creda di poter invocare il prezzo indicato dal tassametro che, secondo il termine che lo definisce, è effettivamente e puramente "indicativo". Tutto il mondo è paese! Dopo tanti anni di peregrinazioni ai quattro angoli del pianeta ci sarebbe da scrivere un libro sui taxi di alcune città. L'importante è arrivare sani e salvi a destinazione e finora ci è andata bene.
Ogni mattina dunque si attraversava la città per raggiungere in località Peania, nei pressi del nuovo aeroporto, il Centro Mediterraneo di Esposizioni dell'amico Michalis Maroudas. Il centro, che ancora qualche anno addietro era circondato dagli ulivi, non solo si è ingrandito di suo (attualmente conta tre padiglioni), ma ha visto crescere attorno una quantità considerevole di nuovi immobili a vocazione commerciale o manifatturiera, segno evidente di un continuo fermento di iniziative imprenditoriali frutto, tra l'altro, dell'ingresso del Paese nella Comunità Europea.
La terza edizione di Hellenic Funer, ben organizzata da Dimitri Carabinis con la sua Elsevie per conto della Federazione greca di pompe funebri presieduta da Costas Tsakiroglou, persona di grande statura professionale e morale, è stata di eccellente livello. Tanto per ciò che riguarda l'afflusso dei visitatori (di certo superiore a quello dell'edizione precedente tenutasi nell'autunno 2004) che per la qualità dei prodotti esposti. Ripercorrendo gli articoli sulle diverse fiere ci accorgiamo che questo è un filo conduttore costante negli ultimi tempi. Dopo anni, diciamo così, sonnacchiosi in cui, perlomeno in certi paesi, la qualità era piuttosto bassa e le novità rare, se non inesistenti, assistiamo ad un miglioramento significativo e generalizzato del livello dei prodotti esposti. Ciò è frutto di un aumentato potere di acquisto della clientela, ma attiene anche ad una maggiore professionalità degli imprenditori, soprattutto di quelli più aperti ai contatti con gli altri paesi, e molto probabilmente alla presenza, dappertutto!, dei fabbricanti italiani dei diversi settori del funerario. Abbiamo già, parlando di una delle ultime fiere, stabilito il postulato: "là dove c'è prodotto italiano c'è qualità". Più ci muoviamo e più ci rendiamo conto della sua fondatezza. Tant'è che anche in Grecia uno degli stand più frequentati è stato quello di Tanexport nel quale alcune aziende del consorzio hanno presentato i propri prodotti con grande soddisfazione per l'interesse dimostrato dai visitatori e con buone speranze che un futuro non troppo distante porti quelle ricadute commerciali che ogni imprenditore si attende di fronte agli investimenti fatti nella promozione all'estero. La sensazione positiva è stata unanime. I produttori di cofani Ferrari, Lorandi e Stragliotto sono ripartiti con ottime prospettive, così come i bronzisti Biondan e Pilla e la 3 Bi - R.B. di Raffaella Bianchin che ha presentato le proprie imbottiture "haut de gamme". Tutti avendo fugato quel po' di scetticismo col quale, forse, erano sbarcati ad Atene. In mezzo a loro Tanexpo 2008, la fiera professionale diventata ormai la manifestazione faro nel panorama funerario mondiale. Avremo di certo anche l'anno prossimo molti amici greci che ci visiteranno a Bologna condotti dal loro presidente Tsakiroglou sempre riconoscente, nelle parole e nei fatti, al supporto fornitogli, sin dalla nascita di Hellenic Funer nel 2002, da Nino Leanza che ad ogni edizione è investito del ruolo di ospite d'onore e che, a tale titolo, è invitato a prendere la parola e a tagliare il nastro inaugurale nel corso della cerimonia d'apertura.
Per quanto riguarda gli altri espositori una citazione speciale va a Ceabis, con Chiara ed Aurelio Puato sempre sulla breccia. Quest'anno, poi, sono stati particolarmente visitati all'ora dell'aperitivo, per la presenza nello stand di una preziosa botticella di Mavrodafni, vino dolce ad alta gradazione di Patrasso, gentilmente fornito dal loro simpatico distributore. Per quanto riguarda la produzione locale possiamo positivamente affermare che essa è in netto progresso qualitativo. Si inizia a vedere qualche veicolo che, pur lontano dai vertici di creatività e di cura del dettaglio propri di certa produzione italiana, è tuttavia migliore di quelli che si vedevano, quando si vedevano, in tempi ancor recenti. Lo stesso dicasi per gli arredi sacri e per altri prodotti più legati alle tradizioni funerarie locali (nastri, dolci, ...). La partecipazione internazionale, a livello espositivo, è stata dominata, come già detto, dalle aziende italiane. Abbiamo notato, più per la presenza di una appariscente hostess ("muy llamativa" direbbero i nostri amici spagnoli) che per l'interesse intrinseco della produzione, un fabbricante di cofani serbo, la Drvostil Saronjic che annuncia, peraltro, una produzione di 20.000 pezzi annui distribuiti tra i paesi dell'ex Yugoslavia, quelli dell'Europa danubiana e la Germania. Accanto si dispiegava l'ampio stand degli amici di Sofia Crematorium scesi ad Atene nella prospettiva di reclutare candidati alla cremazione da "trattare" in Bulgaria stante l'assenza di forni in Grecia dove solo da poco tempo la legge, fortemente osteggiata dalla chiesa ortodossa, autorizza tale pratica per i cittadini greci. È vero che in certi momenti capannelli di imprenditori affollavano lo stand per avere informazioni più dettagliate sui servizi proposti dai vicini balcanici. Tempi buoni si annunciano per i nostri amici bulgari almeno fino a quando i primi forni non entreranno in funzione in Grecia. Ben che vada ci vorranno due o tre anni. Una bella festa, per concludere, rallegrata dalla giovialità dei nostri cugini greci e da un clima, ma di questo non ne dubitavamo, che ci ha fatto sognare le spiagge immacolate della vicina Vouliagmeni e, più in là, quelle delle Cicladi bianco azzurre. Un frammento di Alcmane, uno dei grandi lirici greci, volteggiava, quasi ossessionante, nel nostro cervello: "... bàle dè, bàle kérylos éien...." (oh, potessi io, potessi io essere un gabbiano...).
 
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