- n. 7/8 - Luglio/Agosto 2002
- Psicologia
L'oltraggio ai cadaveri
nelle Cappelle del Commiato di Firenze
UN GESTO SCELLERATO CHE CI INDIGNA
Mi è stato chiesto un commento, da psicologo, all'episodio che sta turbando i fiorentini e tutti coloro che rispettano i morti. Mi riferisco al fatto che qualcuno, riuscendo ad eludere ogni tipo di sorveglianza, sfregia cadaveri in attesa di funerale presso le Cappelle del Commiato di Firenze.
Dirò innanzitutto che l'autore o gli autori di queste
belle azioni hanno certamente gravi problemi psicologici: sia che lo facciano perché soffrono di qualche forma di 'tanatomania' (dalla necrofilia di chi colleziona pezzi di cadavere all'odio per il cadavere che si può esprimere anche deturpandolo); sia che lo facciano per fare una bravata (ci sono infatti bravate ben più normali!).
La cosa più interessante da notare, però, è un'altra: lo sfregio di un cadavere inquieta e offende al giorno d'oggi oltre ogni aspettativa, come dimostrano la posizione in cronaca della notizia e la grande mobilitazione delle forze dell'ordine per fermare la mano degli sfregiatori. Segno che in un mondo in cui, come si ripete continuamente, non c'è più rispetto, ci si aspetta da tutti un grande rispetto per i morti, e quando si verificano fatti contrari ci si indigna e ci si allarma.
Bisognerebbe allora, al di là della loro patologia e della loro non giustificabilità, ringraziarli questi sfregiatori di cadaveri! Perché fanno emergere per contrasto la realtà del grande bisogno che la maggior parte di noi ha di veder rispettati i morti. Certo si tratta di una realtà in contraddizione con altre realtà, come, ad esempio, quella dell'indifferenza per un cadavere che possono dimostrare i bagnanti di una spiaggia quando, in presenza di un morto steso accanto a loro, non smettono di costruire castelli di sabbia coi loro bambini o di scambiarsi effusioni. Resta, tuttavia, consolante constatare che l'indignazione, l'inquietudine e l'allarme sono generali quando si manca di rispetto ad un morto.
Le cose si complicano se ci domandiamo a quali fattori sia dovuta questa diffusa esigenza di veder rispettati i morti in un mondo in cui pochissimo rispetto si ha per i vivi.
Si sostiene innanzitutto che l'uomo si distingue dagli animali (al cui regno pur sempre si ritiene appartenga) perché i suoi morti li seppellisce e non li lascia preda delle forze della natura. Ma perché lo fa? Una delle spiegazioni più antiche e più semplici è che la morte di un simile fa sorgere nell'uomo la consapevolezza della propria morte e la paura del cadavere, vero e proprio specchio di ciò che ci attende.
L'uomo, allora, si sarebbe immaginato un aldilà rendendo così la morte solo un passaggio da una vita ad un'altra e così vincendo la paura della morte. E se la morte è una delle fasi di un passaggio il cadavere non è più una "
cosa" terrificante ma un uomo che sta "
passando a miglior vita" e può essere aiutato a prepararsi a questo passaggio.
Il rispetto dell'integrità del cadavere diventa indispensabile in quest'ottica, dato che lasciare che venga smembrato dalle forze della natura viene vissuto come una insopportabile violenza in una fase di estrema vulnerabilità come sono tutte le fasi "
critiche", cioè di passaggio da una condizione ad un'altra. Altra spiegazione è legata alla nostra cultura, con il tentativo da parte dell'Umanità di esorcizzare la morte: la cura e il seppellimento del cadavere non sarebbero altro che le espressioni più antiche di questo tentativo. In questa ottica si "
trucca il cadavere da vivo" finché è in vista per poi occultarlo alla vista seppellendolo o bruciandolo, in modo da non assistere alla decomposizione del cadavere e poter ricordare i morti solo come erano da vivi.
Anche in questo caso deturpare un cadavere è inaccettabile, alludendo al suo smembramento naturale ed ostacolandoci nell'operare l'esorcismo della morte che facciamo sottraendolo alla Natura e facendolo oggetto di pratiche culturali, quali la composizione della salma, le cure tanatoprassiche ed il seppellimento. Credo ci sia anche un'altra possibile spiegazione della cura che l'uomo riserva ai morti e della conseguente indignazione per gli atti di deturpazione del cadavere: si prova compassione per la sorte di chi è morto e si cerca di difenderlo dalle violenze che può subire quando non è più in grado di difendersi. Credo, in altri termini, che ci sia un'altra ragione per rispettare i morti e difenderli da chi può infierire sul loro cadavere: il massimo di vulnerabilità di un essere umano si concretizza nella sua morte e chi resta sente la reponsabilità di non abbandonarlo in questa sua condizione.
Chi deturpa i cadaveri ci indigna perché il cadavere non è una cosa ma un essere umano che passa a miglior vita, perché ci ricorda la morte rammentandoci che il cadavere è in balia di chiunque; l'azione perversa degli spregiatori di cadaveri ci indigna perché è un infierire sull'uomo nella sua condizione di massima vulnerabilità e bisogno di compassione: la morte.
Francesco Campione