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Febbraio e la festa di Feralia

Il momento in cui le anime dei vivi e dei morti si incontrano di nuovo sulla terra.

In quasi tutte le culture esiste una festività legata alla commemorazione dei defunti. Il ricordo è un segno di grande rispetto e fin dai tempi più antichi praticare gesti di devozione nei confronti dei propri avi è sempre stata una consuetudine condivisa.
Oltre ad essere un momento di commemorazione, nei tempi che furono tali festività avevano uno scopo più ampio: quello di placare le anime affinché non tornassero sulla terra ad interrompere la quiete dei vivi. La morte, per il suo contenuto di mistero, è sempre stata avvolta da un velo di superstizione e la credenza che un mancato rispetto nei confronti dei morti portasse a terribili conseguenze, era, nel passato, un tema ricorrente.

Così nella Grecia antica venivano praticate le Antesterie, durante cui i templi venivano chiusi per tre giorni e venivano praticati riti privati per allontanare le anime maligne dalle case. Questi erano i giorni più pericolosi dell'anno perché il confine tra il regno dei vivi e il regno dei morti era molto labile e la paura di essere perseguitati terrorizzava i vivi. La festa terminava al terzo giorno con una processione rituale ed alla sera veniva bevuto il vino nuovo come simbolo di rinascita.

Come già rilevato, l’antica Roma   acquisisce buona parte della ritualità greca, rielaborandola, e anche la festa dei morti non fa eccezione. Nella cultura romana il rapporto con i cari defunti era molto intenso e gesti di devozione facevano parte della ritualità ordinaria di ogni famiglia. La giornata che Roma consacrava alla commemorazione dei defunti era il 21 febbraio in cui si celebravano i Feralia, e cadeva alla conclusione di un periodo di festività che durava sette giorni, ovvero i Parentalia. Anche i Romani in questa particolare data chiudevano i templi, i magistrati non potevano indossare la toga e non potevano essere celebrati i matrimoni, poiché si credeva che in tale giorno i defunti potessero circolare liberamente nelle città dei vivi. Il termine Feralia deriva dall'usanza di portare (dal latino “fero”) doni ai morti. Durante i Feralia, infatti, i cittadini romani recavano offerte alle tombe dei propri antenati.
Da un punto di vista rituale, erano due gli elementi strettamente connessi con questo tipo di commemorazione: i fiori ed il cibo.

I fiori

Le offerte occasionali o periodiche di tipo floreale si sono tramandate fino ai nostri giorni e le corone funebri o i vasi di piante e fiori posti sulle lapidi nei nostri cimiteri, ne sono l'esempio. Una consuetudine che, come abbiamo visto, troviamo già nella Roma antica, dove, oltre ai Feralia, vi erano in particolare altre due festività in cui le tombe venivano riempite di fiori come elemento di ricordo e devozione: i Rosalia ed i Violaria. In entrambi i casi le pietre tombali venivano cosparse di fiori freschi, ghirlande e corone. Si credeva che queste offerte fossero gradite al morto e che potessero in qualche modo donargli il vigore che aveva perduto. Venivano utilizzati in genere fiori di tonalità rossa, come le rose donate per la festività della Rosalia che, oltre ad essere un colore sacro a Roma, era anche il colore del sangue. Durante la festività della Violaria, le tombe venivano invece ricoperte di viole perché secondo la leggenda le viole erano nate dal sangue della divinità frigia Attis ed erano quindi fiori sacri.
La festa della Rosalia non si è persa ma è stata tramandata al popolo Slavo ed al popolo Russo, rispettivamente come la festa di Rusalija e Radunica.
Il simbolismo del fiore, in particolar modo della rosa si ritrova anche in epoche successive: in una vetrata della Cattedrale di Angers in Francia, ad esempio, il sangue di Cristo scorre in ruscelli che si trasformano in rose. La rosa in Occidente ha lo stesso significato del loto in Oriente, entrambi molto spesso associati ad un simbolo di manifestazione divina.

Il cibo

Un altro elemento caratterizzante delle feste dei defunti, oltre al dono dei fiori sulle tombe, è quello relativo al cibo. Il banchetto funebre, anch'esso di derivazione greca e successivamente romana, passa attraverso la cristianità fino ad arrivare a noi con manifestazioni di un passato non troppo lontano.
Queste usanze hanno connotazioni differenti in base all'area geografica ma sostanzialmente rispettano due momenti: le offerte di cibo che vengono fatte al defunto, e quelle che vengono destinate alla famiglia del defunto come sostegno nel momento del lutto. Il banchetto funebre ha altresì una valenza di unione collettiva che, nel passato, aveva anche lo scopo di unire le forze per placare insieme l'aggressività dell'anima del trapassato. Il popolo greco praticava di norma il banchetto funerario dopo nove giorni dalla morte della persona cara, a Roma invece questo pasto aveva lo scopo di purificare dal pianto la famiglia, e ciò perché il tema della purificazione rituale era assai importante in ogni ambito della religiosità. La cristianità ha rielaborato questa usanza pagana ed ancora oggi nei piccoli centri del sud Italia vengono praticati i "Gunzi", in cui in rari casi il banchetto avviene ancora in prossimità del defunto, a bara aperta.

Il mese di febbraio era sacro ai Romani, e la festa del giorno 21 era particolarmente sentita. La leggenda narra che durante una guerra, preso dagli eventi del conflitto, il popolo aveva dimenticato di rendere omaggio ai propri morti e questi erano risaliti sulla terra diffondendo panico e terrore in ogni casa. Da allora e per sempre nessun romano ha mai dimenticato di celebrare la ricorrenza.

Quando la cristianità ha incominciato ad affermarsi ha dovuto necessariamente acquisire elementi della ritualità pagana poiché radicati nel popolo e difficili da estirpare. Così la festività della commemorazione del defunto è stata mantenuta, anche se nel tempo è stata spostata al 2 novembre. Sono naturalmente cambiate anche le finalità: la festa non è più concepita per placare le ire dei morti, bensì per ricordare coloro che si sono addormentati nella speranza della resurrezione e della vita eterna.
 
Miranda Nera


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