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La Famiglia Gasparin Impresari da quattro generazioni

Il magazzino dove lavorava il nonno era composto di due stanze, una serviva come deposito per le tavole di legno, l'altra era adibita a laboratorio.

Sergio Gasparin ha cominciato a 14 anni, finite le scuole medie, a seguire passo passo il padre Gherardo e il nonno materno Valentino Gaetani. Del nonno falegname conserva, oltre all'affetto, anche gli strumenti di lavoro, attrezzi e pialle per i profili che servivano a forgiare le casse una ad una, perché all'epoca ogni cassa era diversa dall'altra.

"Erano anni in cui la professionalità uno l'acquisiva con l'esperienza, io ho cominciato lucidando le casse. - racconta Sergio Gasparin- Mi creda, per terminarne una ci volevano quattro ore di duro lavoro e non ero in grado di farne più di una al giorno. Poi il nonno decise che potevo provare a fare gli zinchi, fu per me un segno di grande fiducia".

Gherardo e Valentino avevano, negli anni che seguono la prima guerra mondiale, adattato un furgone Fiat a carro funebre, furono fra i primi e poterono farlo perché ottennero un appalto dall'ente militare per portare i resti dei soldati defunti al sacrario di Redipuglia. Sergio Gasparin ricorda che negli anni in cui era ragazzo la loro agenzia di onoranze riusciva a fatica ad esaurire le richieste; in alcuni casi, per ultimare casse dalle dimensioni eccezionali, si lavorava anche tutta la notte. A diciotto anni divenne agente di onoranze funebri ed ora gestisce l'azienda insieme al fratello Giancarlo.

"In realtà oggi l'impresa è nelle mani di mio figlio Gherardo e del figlio di mio fratello Massimo, sono loro che ormai si occupano di tutto; mi vergogno quasi a dire che faccio questo lavoro da quarantacinque anni, con i nostri figli le onoranze Gasparin sono già alla quarta generazione".

Quanto è grande la vostra impresa e com'è strutturata?
"L'impresa Gasparin ha sede nel centro storico di Padova, 800 metri quadrati di locali. Ci ospita un edificio le cui fondamenta hanno 300 anni di vita. Ho trovato testimonianza dell'esistenza di questa struttura in una pianta della città dell'Architetto Valle, una piantina che si trova al museo civico di Padova. La carta conferma che questo edificio esisteva già nel 1766, forse all'epoca era un'abitazione privata. Nei lavori di ritrutturazione di otto anni fa ho trovato traccia di vecchi camini, ho trovato il pozzo e dove ora ho il laboratorio c'era sicuramente la stalla".

Ricorda qualche cliente che le ha fatto richieste particolari?
"Una delle richieste più stravaganti che mi hanno fatto è stata quella di rivestire internamente una cassa con il piombo e non con lo zinco. Era un anziano farmacista di Padova che non avendo famiglia venne un giorno da me per organizzare il suo funerale. Mi chiese di usare il piombo, gli domandai il perché e mi disse che poiché i suoi amici gli avevano fatto sapere più e più volte che una volta morto sarebbero stati lieti di portare la bara sulle loro spalle fino alla sepoltura, era suo desiderio che quest'ultima fosse il più pesante possibile".

È stato esaudito?
"Sì certamente".

Il funerale che meglio ricorda?
"Credo nel 1960, morì il Generale di Corpo d'Armata Carlo Ciglieri, era un grande combattente ed anche un grande personaggio, tutta Padova lo conosceva e non solo. Il funerale militare prevedeva un lungo corteo di soldati in alta uniforme, erano schierati i reparti a cavallo, i contingenti armati, bandiere e vessilli; il corteo si mosse nelle vie del centro dalla sede del Comando Militare fino alla Cappella degli Scrovegni. Un'ala di folla assisteva al passare del feretro che era posto su un affusto di cannone, cioè sul carro che solitamente trasporta il cannone, e lì si trovava la bara del Generale. Ne ho un indelebile ricordo".

Cosa non deve mancare quando si esegue un servizio funebre?
"Sono fondamentali due regole: la prima, immedesimarsi nel cliente e, prestando particolare attenzione alla psicologia del dolente, aiutarlo nelle scelte e prevenire le sue esigenze; la seconda regola, essere sensibili anche alle possibilità economiche di chi si ha di fronte, dargli il meglio compatibilmente con quelle che presupponiamo essere le sue finanze".

Le novità in materia legislativa sulla cremazione cambieranno qualcosa per gli agenti di onoranze: qualche cliente in più, qualcuno in meno?
"Non credo che cambierà nulla. Io sono favorevole alla cremazione, è in continua crescita il numero di coloro che sceglie questa via ed il motivo della scelta non sta nel costo e nella gratuità della cremazione, ma nel fatto che solleva i parenti e la società da alcuni problemi: ad esempio i parenti non devono provvedere dopo anni al disseppellimento del cadavere ed a tutte le eventuali e conseguenti pratiche; ne beneficia la società in generale che vedrà ridotti i costi di gestione dei cimiteri ed in particolare le pubbliche amministrazioni che fino ad ora faticavano alla ricerca di nuovi spazi per la costruzione di luoghi di sepoltura".

Quali sono le prospettive future della sua professione?
"Fino ad oggi le strutture fuori dalla nostra competenza, parlo di obitori o sale mortuarie negli ospedali, sono state concepite in funzione esclusiva delle norme igieniche per la conservazione del cadavere, nulla si è fatto per i parenti che spesso sono costretti a stare in condizioni disumane a vegliare il defunto. Mi auguro, e da questo dipendono anche molte prospettive future della professione, che in un prossimo regolamento di polizia mortuaria si conceda alle agenzie la possibilità di creare le famose case funerarie: saranno l'unica decorosa possibilità di dedicare pari attenzione al defunto ed ai parenti".

Di chi è la colpa del ritardo legislativo?
"Le leggi del nostro settore sono state fatte fino ad ora da chi ha poco tempo e voglia di applicarsi, oltre che da persone di poca professionalità".

Mi viene spontanea una domanda: quale ruolo rivestono oggi le associazioni di categoria?
"La stragrande maggioranza delle agenzie di onoranze è sana, il sindacato è sano e fatto da persone competenti e motivate, il limite di tutte le associazioni è di non avere voce sufficiente per essere ascoltate perché sono tutte troppo piccole ed hanno scarso peso politico".
 
Marina Piantoni


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