- n. 5 - Settembre/Ottobre 2017
- Cultura
Gli Etruschi e la porta del morto
I misteri degli antichi popoli italici e la loro idea della morte tra storia e leggenda.
Rispetto alle civiltà orientali della Mesopotamia e dell’Alto Egitto, la penisola italica si è evoluta con un notevole ritardo.
Prima della nascita di Roma il nostro Paese era culturalmente assai variegato, frammentato in popoli diversi tra di loro sia fisicamente che linguisticamente e con una struttura politica e sociale ancora acerba. I popoli italici si posizionano cronologicamente in un arco temporale che va dall’età del ferro all’ascesa di Roma. Di queste antiche genti conosciamo molto e le loro tante stratificazioni hanno contribuito a delineare quello che oggi siamo.
Il concetto della morte nel popolo etrusco
Particolari suggestioni ci sono state lasciate dal
popolo etrusco che con la morte e con il lutto aveva un rapporto complesso, per alcuni aspetti ancora oggi avvolto nel mistero. La città dei morti aveva una grande importanza a livello sociale.
La necropoli era infatti una città nella città le cui tombe erano la trasposizione perfetta delle case dei vivi. Gli Etruschi non seguono un’idea lineare di aldilà e la loro visione cambia radicalmente nel corso del tempo. In un primo periodo era credenza che il defunto potesse in qualche modo abitare la tomba anche dopo la morte e per questo motivo veniva dotata di suppellettili ed arredi. Insieme al corpo venivano sempre inumati vestiti e gioielli e sulle pareti vi erano raffigurazioni di scene di vita quotidiana come banchetti, danze e giochi atletici.
Il popolo etrusco inizialmente ridefinisce un nuovo concetto di aldilà in cui il passaggio dalla vita alla morte era celebrato con una grande festa. Da qui si evince la volontà di accogliere quello che viene con serenità, poiché elemento chiave del ciclo della vita.
Successivamente l’influenza greca cambierà drasticamente questa idea aumentandone il senso di angoscia: l’anima non si limita più ad abitare la tomba ma viaggia verso gli inferi oscuri e sotterranei oltrepassando una grande e pesante porta d’accesso. L’oltretomba è rappresentato come il luogo triste e oscuro senza speranza da cui le anime non possono mai più fare ritorno.
Simboli, riti e leggende
Ciò che è più interessante per questo popolo riguarda una serie di
simboli e metafore atte ad arricchire quel linguaggio del lutto che nonostante i secoli è arrivato intatto fino a noi.
Ogni aspetto della vita era legato ad una forte ritualità, il sacerdote aveva un ruolo importante poiché era l’unico incaricato a compire i sacrifici agli dei e decifrare i presagi di morte che venivano letti nel volo degli uccelli. Gli uccelli, inoltre, grazie al loro battito d’ali potevano aiutare l’anima del defunto ad abbandonare definitivamente il corpo fisico.
Anche la costruzione della città veniva intesa come un evento rituale: attorno ad essa doveva essere tracciato un solco circolare al cui interno si trovavano i due assi principali, il cardo e il decumano, il cui incrocio era posizionato esattamente al centro del cerchio. Il cerchio è il simbolo del compiuto e dell’armonia, al cui centro vengono convogliate tutte le energie materiali e spirituali. Nel punto di incrocio veniva realizzato
un pozzo, che stava a rappresentare simbolicamente la porta d’accesso al mondo sotterraneo dell’aldilà.
Anche i Greci posizionavano la porta di accesso al mondo dei morti in un luogo fisico che era la città di Eleusi.
Per gli Etruschi però l’idea della porta del mondo sotterraneo è legata ad una leggenda più complessa: il mito di Agarthi. Secondo il folklore il popolo di Agarthi era pacifico e moralmente retto, viveva sottoterra e poteva comunicare con il mondo dei vivi attraverso delle porte posizionate in punti strategici. Una di queste si trovava in Italia nell’isola Bisentina, vicino al lago di Bolsena, ritenuta dal popolo etrusco un’isola sacra. Ad avvalorare questa ipotesi resta il fatto che tale popolo ci ha lasciato un’interessante rete di cave e passaggi scavati tra la roccia e la terra che secondo la leggenda sarebbero i percorsi sacri di iniziazione per poter accedere al regno sotterraneo. Altri punti di accesso a questo mondo sono le vie cave, grandi precipizi nascosti nella vegetazione che si innestano nella profondità del sottosuolo.
La tradizione prosegue con altre porte iniziatiche:
la porta del morto è una delle più interessanti e nasce sotto l'influsso dell'Egitto per poi proseguire fino al culto di Roma. In ogni abitazione, accanto alla porta d’ingresso, vi era una porta stretta, posta su un gradino molto alto. Le due porte erano diverse per forma e dimensione, asimmetriche rispetto alla facciata. La porta d’ingresso lasciava entrare ed uscire i visitatori della casa, l’altra era invece murata e veniva aperta solo per far passare il corpo del defunto, per poi essere nuovamente murata al fine di scongiurare un possibile ritorno. L’importanza di questa porta era tale che veniva riproposta anche nelle tombe dove spesso troviamo disegnata una finta porta.
Per ogni cultura la porta rappresenta l’elemento di passaggio tra due piani differenti, ossia tra la vita e la morte, ma è anche simbolo di uno spazio segreto verso cui essa si apre. La porta è altresì metafora di un cambiamento di stato e della rivelazione attraverso il passaggio iniziatico.
La fine della civiltà etrusca
La storia ci riferisce che con l’avvento di Roma il popolo etrusco venne inglobato o sterminato. La leggenda invece ci fornisce una narrazione più suggestiva e racconta che dopo un lungo periodo di permanenza sulla terra, gli Etruschi decisero di ritornare nel mondo di Agarthi da cui erano venuti, varcando la porta iniziatica delle vie cave, per tornare a vivere per sempre nelle viscere della terra, proprio come si narra avesse fatto il popolo degli Inca nell’antico Perù.
Miranda Nera