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Le esperienze di premorte come difese cerebrali

Da quando lo psichiatra Moody, tanti anni fa, ha descritto le esperienze di coloro che si risvegliano da un coma, da un arresto cardiaco o da una cosiddetta "morte apparente", si discute se queste esperienze (percezione di se stessi dall'alto, entrata in un tunnel con una luce alla sua fine, esperienza gioiosa di incontro con persone morte,...) si possano considerare come una "vita oltre la vita" oppure come fenomeni psicosomatici con una base fisiologica o fisiopatologica in qualche modo spiegabile scientificamente. Nel 2002 la stimolazione elettrica di un'area vicina all'orecchio ha provocato nei soggetti sperimentali vissuti simili a quelli raccontati da coloro che si svegliano dal coma; da allora la bilancia ha cominciato a pendere dalla parte della spiegazione fisica piuttosto che da quella "metafisica".

Ora si aggiunge un altro tassello che fa pensare come i fenomeni di premorte possano essere considerati "difese" messe in atto dal cervello in situazioni traumatiche quando queste colpiscono certi soggetti e non altri. È stato visto che in determinati individui è presente anche in alcuni momenti della veglia una attività cerebrale tipica della fase del sonno in cui si sogna, la cosiddetta fase Rem. Questa intrusione dell'attività onirica nella veglia si è riscontrata con maggiore frequenza (60%) in coloro che hanno avuto esperienze di premorte piuttosto che in coloro (24%) che non le hanno avute.

Cosa significa tutto ciò?

Se si considera che le esperienze di premorte sono tipiche di chi si riprende dopo traumi cerebrali (per incidenti stradali o dopo arresti cardiaci con danni cerebrali), si può ragionevolmente dedurre che la maggiore intrusione della fase Rem nella veglia sia una "reazione difensiva" del cervello traumatizzato quando questo trauma riguarda una determinata zona del cervello. Si potrebbe trattare, in sostanza, di esperienze dissociative simili a quelle che si osservano in tutti i gravi traumi e che psicologicamente sembrano avere la funzione di "sdoppiare" il sé di chi viene colpito dal trauma in modo da preservarne una parte. Dal punto di vista logico ne potrebbe derivare una dissociazione tra vita e morte che spiegherebbe l'interpretazione delle esperienze di premorte come una "vita oltre la vita". Tornati, cioè, da un'esperienza consistente nel vedersi come dall'esterno, diventa logico interpretare la parte di sé che è stata proiettata fuori di sé come viva e la parte di sé che viene osservata nella sua immobilità come morta.

In questo contesto il passaggio dalla vita alla morte a cui nel momento dell'impatto della testa o dell'arresto cardiaco è probabile che si pensi, può essere tradotto in termini onirici, come avviene sempre (anche ogni notte, addormentandoci) quando si abbassa il livello di coscienza. La chiave della spiegazione dei fenomeni di premorte sarebbe in sostanza l'improvvisa perdita della coscienza per il trauma cranico o per l'arresto cardiaco a cui si accompagna una specie di corto circuito cerebrale, come se il fenomeno che si verifica con maggiore gradualità quando ci addormentiamo (sognare) si instaurasse in modo quasi istantaneo, facendo apparire la fase Rem e i correlati esistenziali della dissociazione tipica di ogni sogno: chi sogna è come se assistesse dall'esterno ai suoi sogni e può perciò impersonare contemporaneamente diversi ruoli. Col risultato che si sogna di morire.

Ma perché chi è traumatizzato sogna la morte sempre più o meno nello stesso modo, cioè come l'attraversamento di un tunnel alla fine del quale c'è una luce e arrivando in un luogo d'armonia dove si incontrano i morti in un contatto gradevolissimo?

Se il sogno è il pensiero di chi dorme, chi va in coma sogna di morire utilizzando i materiali del pensiero di sempre. E non somiglia l'esperienza di premorte all'esperienza dei mistici? Non hanno sempre visto i mistici una luce dopo il buio della morte? E non è quasi banale immaginare l'aldilà come l'uscita dal buio (il tunnel) della morte illuminato dalla luce di una vita che ripropone l'incontro con chi di là c'è già? D'altra parte non è questo il desiderio di molti? E i sogni non sono desideri? Come controprova di quest'ultima affermazione si potrebbe portare il fatto che non tutti quelli che si svegliano dal coma dicono di aver fatto l'esperienza della premorte: non sarà che tale esperienza viene riportata solo da coloro che immaginano che esista un aldilà dopo la morte? Bisognerebbe chiedersi, allora, come sognano di morire quelli che vanno in coma e che non credono nell'aldilà. Anche loro si dissociano e si possono veder dall'alto e possono vedere una luce alla fine di un buio, oppure il cervello traumatizzato si limita a farci sognare di morire (intrusione della fase Rem) in modo istantaneo e poi ognuno sogna di morire a modo suo?

Se si accetta tale ragionamento e l'interpretazione dei fenomeni di premorte che ne consegue, si aprono scenari di ricerca inesplorati: altro che la consolazione a buon mercato di chi sogna di morire immaginando, come ha sempre fatto anche da sveglio, di rinascere e di incontrare i propri cari morti ritrovandosi con loro in paradiso!

 
Francesco Campione

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