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Se è il medico a sbagliare

Oggi parleremo della responsabilità medica alla luce dell'introduzione della riforma Gelli del 2017 per i danni causati a pazienti per erreri od omissioni.


La responsabilità medica è quel tipo di responsabilità che deriva da danni cagionati a pazienti per il tramite di errori od omissioni commesse dai sanitari. Mi sento di premettere fin da subito che la medicina, prima ancora di essere una scienza, si può considerare una vera e propria arte, e ogni risultato non può considerarsi univoco in quanto ogni essere umano è unico cosi come unica può rivelarsi la risposta ad un intervento terapeutico. Proprio in virtù di questo motivo, i medici sono potenzialmente soggetti, in misura maggiore rispetto ad altri professionisti, ad azioni giudiziarie e a domande di risarcimento di eventuale danno da parte dei propri pazienti.

Le tipologie di danno risarcibile, in conseguenza di responsabilità medica, sono molteplici e ricomprendono, tra le più comuni, quelle derivanti da errore diagnostico, da errore terapeutico o da omessa vigilanza. Più in generale possiamo dire che i casi di responsabilità sono quelli connessi alla causazione di un danno iatrogeno, inteso come ogni lesione alla salute psico-fisica determinata dalla colpa del singolo medico e/o dalla carenza strumentale della struttura sanitaria.

A seguito della recente emanazione della Legge Gelli (legge n. 24/2017), sono state introdotte significative modifiche in tema di responsabilità medica sia perché si è escluso il profilo di responsabilità penale dei medici per imperizia, qualora dimostrino di essersi attenuti alle linee guida validate e pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanità, sia perché in sede civile i medici che operano a qualsiasi titolo presso una struttura sanitaria rispondono a titolo di responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c., contrariamente alle strutture sanitarie che rispondono invece a titolo di responsabilità contrattuale, con tutte le conseguenze che ne derivano sia in termini di onere della prova che di prescrizione (quinquennale nel caso di responsabilità extracontrattuale, decennale nel secondo caso).
Veniamo all’aspetto pratico: i pazienti che ritengono di essere rimasti vittima di errori da parte dei sanitari che li hanno avuti in cura, possono rivolgersi al giudice per poter cercare di ottenere il risarcimento del pregiudizio subìto, ovviamente dopo aver valutato con i professionisti l’effettivo rapporto di causalità tra il danno e un operato non corretto da parte dei sanitari.
La procedura giudiziale, tuttavia, a seguito appunto della riforma Gelli, è sempre subordinata al preventivo espletamento di un accertamento  tecnico preventivo, che affida ad un C.T.U. (Consulente Tecnico di Ufficio)  nominato dal tribunale competente di accertare in via preliminare l’an e il quantum, (ossia se e quanto dovuto) della responsabilità medica con una perizia, la quale diverrà una base di discussione per trovare un accordo oppure per decidere di intraprendere un giudizio vero e proprio.

In alternativa alla consulenza tecnica preventiva, le parti possono ricorrere al procedimento di mediazione, da condurre con l’assistenza obbligatoria di un legale, volto a tentare di raggiungere un accordo per la definizione stragiudiziale della controversia. Tale mediazione va chiesta rivolgendosi ad un organismo di riferimento del territorio in cui ha sede il tribunale competente per il giudizio.
Solo esperita una di queste due procedure, il paziente potrà rivolgersi al giudice per ottenere il risarcimento del danno. L’azione va proposta ricorrendo al procedimento sommario come previsto dall’art.702 bis e seguenti del codice di procedura civile.
In ogni caso al paziente viene data la possibilità di agire direttamente nei confronti dell’impresa assicuratrice che presta copertura alla struttura sanitaria o sociosanitaria interessata o al sanitario, nei limiti delle somme assicurate per le quali opera il contratto ed entro i medesimi termini di prescrizione.
La legge Gelli ha, infatti, introdotto l’obbligo per tutte le strutture sociosanitarie pubbliche e private e per i professionisti che entrano in rapporto con i pazienti di stipulare una polizza assicurativa che copra i rischi derivanti dalla responsabilità medica. Tuttavia, qualora tale polizza fosse assente, i pazienti possono ricorrere ad un apposito fondo (Il fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità medica) che garantisce i danni derivanti appunto da tale responsabilità. Il fondo opera anche nel caso in cui il massimale di polizza non sia abbastanza capiente da coprire tutto il danno subìto o nel caso in cui la struttura o il medico siano insolventi con l’impresa assicuratrice.

Per concludere, la responsabilità medica non si limita a risvolti di tipo civilistico, ma può comportare anche conseguenze sul piano penale. Infatti secondo l’articolo 59-sexies c.p., la riforma Gelli prevede una particolare responsabilità penale dei medici per omicidio colposo o lesioni cagionati nell’esercizio della professione sanitaria, responsabilità che è tuttavia esclusa per imperizia nel caso in cui il sanitario dimostri di essersi attenuto, nell’esecuzione della sua opera professionale, alle linee guida o alle buone prassi
clinico-assistenziali.
 
Avv. Carlo Augusto Angelini


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