- n. 10 - Ottobre 2006
- Musica
Il duetto finale lo cantiamo sulla mia tomba
La straordinaria, quasi unica popolarità dei protagonisti del dramma shakespeariano di
Romeo e Giulietta sembra essere addirittura in un certo senso contagiosa quando si passa nel campo delle realizzazioni musicali, a volte addirittura senza che il pubblico se ne renda conto. Mi spiego. Un orecchiabilissimo, irresistibile tema sinfonico è stato saccheggiato in mille modi da più di mezzo secolo nel mondo dei mass media, dalla colonna sonora del film di Tarzan a un notissimo Carosello pubblicitario televisivo degli anni '60: praticamente tutti riconosciamo quel tema musicale, per lo più però senza sapere che si tratta del tema d'amore in cui culmina l'
Ouverture che
Ciaikowskj scrisse nel 1880 come musica di scena per il
Romeo and Juliet.
Analogamente, chi non conosce e non è in grado di intonare almeno alcuni fra i bellissimi
song che
Leonard Bernstein scrisse per il suo musical
West side story, nato nel 1957 e subito avviato ad uno straordinario e perdurante successo?
Maria, Tonight, America, Somewhere... Eppure, se non facciamo un po' mente locale, ripercorrendo al di là delle singole canzoni la vicenda narrata nel musical, magari non ci rendiamo conto che la storia del West side newyorkese scritta per il compositore da
Laurents e
Sondheim altro non è, nelle sue linee essenziali, se non la storia dei due sfortunati amanti di Verona travestita e trasferita nei bassifondi della metropoli americana, con le bande di giovani teppisti rivali, yankee e portoricani, al posto dei
Capuleti e dei
Montecchi: non a caso, si tratta di uno strano musical in cui al posto del lieto fine la conclusione vede un corteo funebre di
teen-ager che recano fuori il corpo dello sfortunato Tony, che disperato ha affrontato la morte credendo erroneamente che essa avesse già voluto per sé la sua amata Maria.
L'idea del corteo funebre sembra aver fatto particolarmente presa nella fantasia dei compositori che si sono misurati col nostro dramma: così è stato ad esempio anche per
Sergej Prokofiev (1891-1953) nel suo balletto dedicato alla storia degli amanti di Verona (per il quale vale anche l'osservazione sulla popolarità, visto che dal debutto nel 1938 in poi il lavoro è diventato ed è rimasto uno dei più eseguiti dell'intero repertorio ballettistico): il compositore russo aveva un particolare talento per comporre delle marce e qui, in uno dei punti più notevoli del balletto, è proprio una sorta di aspra e spettrale marcia funebre la musica che conclude la scena della morte di Tebaldo.
E in una certa misura così era stato (retrocedendo di un secolo e passando al campo dell'opera lirica) anche per
Vincenzo Bellini (1801-1835), se è vero che nel suo
I Capuleti e i Montecchi, scritto nel 1830 per la Fenice di Venezia, uno dei vertici teatrali e musicali dell'opera è l'episodio in cui il corteo funebre che accompagna alla tomba Giulietta creduta morta entra lentamente in scena ed interrompe il duello tra Romeo e Tebaldo. Non meno importante rimane certo però il finale, la scena del cimitero (notevole anche per la novità nello stile melodrammatico), sul quale merita aggiungere un piccolo rilievo:
Bellini e il suo librettista
Felice Romani fanno in modo che Giulietta si risvegli dalla sua morte simulata trovando accanto il suo Romeo già avvelenato sì,
ma non ancora morto, benché non si senta per niente bene (esattamente come farà nel 1867 anche
Charles Gounod nel suo
Roméo et Juliette). Insomma a molto si può rinunciare, nell'opera dell'Ottocento, ma non al duetto finale...
Franco Bergamasco