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Donare il corpo alla scienza

Si può destinare il proprio corpo a scopo scientifico? Da gennaio 2020 è possibile grazie a una legge ad hoc e alle disposizioni post mortem.

Donare il corpo alla scienza è una frase che ci rimanda immediatamente al passato, agli anni in cui per comprendere e conoscere il corpo umano i medici dovevano sperimentare sezionando cadaveri, principalmente corpi di galeotti o comunque non reclamati dalla famiglia e che sarebbero finiti nelle fosse comuni.

Era così che i medici di un tempo imparavano come esercitare la professione e soprattutto studiavano il corpo umano. Nell’antica Grecia la dissezione di cadaveri per lo studio anatomico era una pratica comune ma nel susseguirsi degli anni, di guerre, di credo religiosi e regimi questa pratica è stata più volte vietata.

Nel 1315 il medico Mondino de’ Liuzzi eseguì la prima dissezione pubblica mai registrata negli archivi e a seguire numerosi suoi colleghi si cimentarono nella dissezione e nello studio dei cadaveri, seppur con le restrizioni dettate dalle allora leggi di decoro che sottostavano all’influenza della Chiesa. Considerato che prima di tali esperimenti la medicina era soprattutto una “lettura” del corpo e dei sintomi per individuare la malattia e la relativa cura, l’approccio pratico allo studio del corpo umano cambiò fondamentalmente il modo di fare medicina.

Perché donare il proprio corpo a scopo scientifico?

Oggi la medicina si avvale di numerosi strumenti diagnostici e di macchine sofisticate per poter vedere “attraverso” i tessuti. In un momento in cui si cerca di ridurre l’impatto esterno sul paziente implementando le operazioni con interventi in laparoscopia, perché è così importante lo studio sul cadavere? E soprattutto, perché donare il proprio corpo alla scienza?

I medici e in particolare gli studenti che si preparano alla difficile professione medica e chirurgica, hanno bisogno di imparare dal vero studiando malattie, reazioni ed effetti sui corpi umani. Spesso sono stati utilizzati modellini o corpi di animali per l’apprendimento ma la pratica sui corpi umani è fondamentale per confrontare la teoria con la realtà. Nonostante le tac e gli altri macchinari che consentono ai medici di “vedere” all’interno del corpo umano, ci sono cose che vanno studiate sul campo. Questo modus operandi è utile non solo per i futuri chirurghi che possono così fare pratica, ma anche per i ricercatori con il fine di analizzare tessuti sani e malati, reazioni a terapie e medicine. è quindi importante che ci siano persone che scelgono di donare il proprio corpo alla scienza per consentire alle università e agli istituti preposti di usarlo a scopo didattico e di ricerca.

Cosa dice la legge

Cosa dice la legge italiana in merito alla donazione del proprio corpo alla scienza? Chi può farlo e cosa si deve fare per poter rendere legittima la propria decisione? Come per le disposizioni in merito a tumulazione o cremazione e al fine vita, anche in questo caso entrano in campo le DAT, Disposizioni Anticipate di Trattamento.

La legge italiana era piuttosto antiquata e rendeva praticamente impossibile questa pratica fino a qualche anno fa. Fino al 2018 infatti si rifaceva al Regio Decreto del 31 agosto 1933 n. 1562 che stabiliva che era possibile destinare allo studio e alla scienza quei corpi di individui sconosciuti che non avessero parenti o amici e per i quali non sarebbe arrivata nessuna richiesta di restituzione per la sepoltura. Inoltre, questi defunti venivano “usati” come materiale di studio senza un reale consenso e questo portò a una segnalazione da parte del Comitato di Bioetica nel 2013. Nel 2018 fu presentato un disegno di legge firmato da Pierpaolo Sileri, poi Viceministro alla Sanità nel Governo Conte, seguito da un importante confronto con la Siai (Società Italiana di Anatomia e Istologia) che portò alla definizione di una legge più dettagliata, quella su “Norme in materia di disposizione del proprio corpo e dei tessuti post mortem a fini di studio, di formazione e di ricerca scientifica" approvata a inizio 2020 dalla Commissione Affari Sociali della Camera.

La nuova legge si affida alle DAT per consentire al soggetto di scegliere come disporre del proprio corpo dopo la morte. Tramite un form dedicato per la donazione dei propri resti che viene poi registrato nella banca dati nazionale, si indicano le proprie volontà in merito insieme al nome di un fiduciario e di un eventuale sostituto, che si occupi di comunicare la presenza di questa disposizione al medico che decreta il decesso del soggetto interessato ed è poi il medico a decidere, in base alla banca dati del Ministero della Salute, la struttura in cui inviare il corpo. Una volta giunto nell’istituto prescelto, il corpo viene esaminato dal medico responsabile che ne programma conservazione e impiego.

Il corpo infatti può essere utilizzato per sperimentare nuovi macchinari e procedure chirurgiche o per scopi anatomici e di studio. Si possono prelevare campioni, analizzarli e confrontare i tessuti per studiare le reazioni a farmaci e terapie.
Il corpo rimarrà a disposizione di medici e studenti per un massimo di 12 mesi, periodo dopo il quale verrà restituito in condizioni dignitose alla famiglia. Le spese di trasporto, tumulazione o cremazione sono a carico dei centri. è importante rendere noto che chiunque scelga di donare il proprio corpo alla scienza potrà al contempo scegliere anche di donare i propri organi.

Al momento i centri di riferimento per la conservazione e l’utilizzo dei corpi sono undici: l’Alma Mater Studiorum di Bologna; la Sapienza Università di Roma; l’Università degli Studi di Padova; l’I.R.C.C.S. Ospedale San Raffaele Gruppo San Donato; l’Università degli Studi di Brescia; l’Università degli Studi di Palermo; l’Università degli Studi di Messina; la Humanitas University; l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Sassari, l’I.R.C.C.S. Multimedica e l’I.R.C.C.S. Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed.
 
Tanja Pinzauti

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