- n. 1 - Gennaio 2004
- Il pensiero di...
Domenico Lapolla
"Un tema delicato. La perdita di una persona cara genera un sentimento di dolore e di smarrimento. A volte capita che qualcuno con pochi scrupoli approfitti di questi momenti di sconforto. La FENIOF ha deciso di combattere con tutti i mezzi informativi le azioni di accaparramento servizi che quotidianamente si consumano in alcuni ospedali". Cominciava così il comunicato – promosso dalla FENIOF, sottoscritto (e finanziato) da appena una sessantina di imprese funebri – pubblicato sul n. 39 del 1 ottobre 2000 di "Famiglia Cristiana". Per la prima volta erano gli stessi operatori funebri ad evidenziare il problema che da sempre attanaglia la categoria. Ma il tema, oltre che delicato, era anche molto scomodo. Per qualche motivo, infatti, l’iniziativa non ebbe un seguito e quella unica uscita non poteva certo sortire l’effetto desiderato. Oggi la concorrenza ha affinato le armi, tanto che l’immagine del figuro che dispensa bigliettini da visita o che caldeggia la tale impresa suscita quasi tenerezza. Il futuro ci riserva grandi novità: le holding del Caro Estinto, società capaci di presidiare cimiteri (e quindi municipi) e ospedali, punti nevralgici di una comunità, ma soprattutto straordinari terreni di caccia. E in alcuni posti – dove il futuro è arrivato in anticipo – "l’aria (non so se fritta, sicuramente malsana) dell’innovazione" si respira ormai da anni.
Mi spiego meglio. Nel 1996 il Comune di Gravina in Puglia decise di affidare - mediante appalto unico – lo svolgimento "del servizio cimiteriale, del servizio di pulizia degli immobili ad uso comunale o ad uso pubblico e del servizio di manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti a verde pubblico e verde pubblico attrezzato". A seguito di gara, una ati (costituita da due cooperative, una società di impianti e manutenzione vivai, e da una impresa funebre) veniva dichiarata aggiudicataria dell’appalto della durata di nove anni a partire dal 23/12/1996. Questa situazione ha posto l’impresa funebre facente parte della ati in una situazione di innegabile vantaggio nei confronti delle altre imprese operanti sul territorio comunale. La maggiore visibilità che deriva dalla presenza costante nell’ufficio del cimitero si rivela decisiva nell’acquisizione della clientela per gli altri servizi. Tanto più che il presunto "gestore" – ricorrendo, tra l’altro, anche all’impropria dizione di "appaltatore unico del servizio cimiteriale" su elenchi telefonici, plance per l’affissione e perfino sui mezzi operanti nel cimitero – cerca in tutte le maniere di ingenerare confusione.
A nulla è valso chiedere chiarimenti al comune. Tutte le lettere via via inviate non hanno mai meritato lo straccio di una risposta. La stessa impresa funebre è, inoltre, molto vicina (ma così vicina che il numero di fax dell’una corrisponde al recapito telefonico dell’altra) ad una società che svolge servizio di ambulanza (con tanto di convenzione con l’ausl locale) nonché - e cito l’inserzione che compare sulle Pagine Bianche – "assistenza domiciliare ed ospedaliera con personale infermieristico e non".
Egregio Direttore, caro Alfonso De Santis, diventa sempre più difficile basare il proprio lavoro sulla correttezza, sulla trasparenza, sulla qualità di merce e servizi; non ci si può riparare da un bombardamento aprendo semplicemente un ombrello. Ma la soluzione ci sarebbe e ce la suggerisce il caro vecchio Totò. Per contrastare "gli sfruttatori, gli esosi, gli approfittatori" occorre adeguarsi.
Ed ecco le straordinarie idee partorite dagli strateghi del marketing: "tre per due", raccolta punti a premi, incentivi sulla rottamazione (magari di qualche nonnetto ultracentenario), ma soprattutto la gestione di una casa di riposo per anziani (la naturale evoluzione dell’uomo, da cacciatore ad allevatore). Perdonate l’umorismo nero, ma le nubi che si addensano sul futuro della nostra professione non sono di diverso colore. Ben vengano le novità, ma bisogna fare molte attenzione alle distorsioni che ne possono derivare. Quasi dimenticavo, la citazione è tratta da "La banda degli onesti". Nessuno dei tre improbabili falsari ebbe il coraggio di spacciare nemmeno una banconota falsa. Alla fine non seppero e non vollero "adeguarsi". Cordialmente.
DOMENICO LAPOLLA