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Il decennale della Fondazione Fabretti

Il compimento del decimo anno di attività della Fondazione Ariodante Fabretti e l’intenso programma che continua a mettere in atto appaiono significativi e sorprendenti se rapportati ad un periodo in cui la maggior parte delle istituzioni culturali versa in condizioni di difficoltà. La Fabretti fu costituita a Torino, nel 1999, con la partecipazione di Regione Piemonte, Provincia, Comune, Università e Società per la Cremazione di Torino, in qualità di soci fondatori; a questi si è recentemente aggiunta l’Università del Piemonte Orientale. Lo studio e l’approfondimento delle tematiche inerenti al morire umano, utili a promuovere una cultura funebre che contrasti la censura ed il processo di rimozione che la società mette in atto per difendersi dalla paura della morte, sono da dieci anni gli obiettivi fondamentali di questa realtà. Anche se si va sempre più diffondendo l’idea che della morte sia necessario parlare, molto resta da fare e l’isolamento di chi ha a che fare con essa, perché morente, dolente, o semplicemente anziano, è ancora troppo profondo.
In cosa si concretizza l’attività di questa Fondazione, unica nel suo genere in Italia?
Innanzitutto noi studiamo”, afferma il direttore scientifico Marina Sozzi. “La morte è un tema che è stato molto trascurato dalle scienze umane e sociali e, paradossalmente, anche dalla medicina. La cultura occidentale ha rimosso, occultato, respinto la consapevolezza della mortalità, riponendo una speranza fideistica nella scienza medica che avrebbe dovuto sconfiggere la morte e consentire a tutti di rimandare indefinitamente il pensiero stesso della propria scomparsa. Esiste però anche la morte dell’altro, di chi ci è caro, e questo evento lascia molti in uno stato di prostrazione profondo e nell’impossibilità di progettare alcun futuro. Da dieci anni a questa parte lavoriamo per coinvolgere un numero sempre maggiore di studiosi ad occuparsi dei diversi aspetti che circondano questo ambito dell’esistenza e per sollecitare le istituzioni a investire in termini di formazione e di riflessione su un tema così cruciale”.
La consapevolezza che la mortalità rappresenti anche la capacità di scorgere il limite dell’umano in generale e di ciascun individuo in particolare, e quindi solo la conoscenza dell’essere mortali, vulnerabili, fragili, esposti alla malattia, permette di comprendere il dolore altrui, evitando così di far soffrire e di infliggere tribolazioni: su questi principi si fonda l’etica della Fondazione, di ispirazione laica. La Fabretti è dotata di una fornita biblioteca specializzata aperta al pubblico, sette ore al giorno dal lunedì al venerdì. È casa editrice e pubblica la rivista “Studi tanatologici” in quattro lingue, oltre a diversi volumi ogni anno. “Libri che abbiamo deciso non soltanto di pubblicare, ma anche di promuovere e di distribuire noi stessi”, sottolinea Luca Prestia, responsabile dei progetti editoriali.
La Fondazione ogni due anni bandisce borse di studio per giovani studiosi e collabora con l’Agenzia Regionale dei Servizi Sanitari, con la Rete Oncologica, con l’Ordine dei Medici e con l’Università degli Studi di Torino, organizzando periodicamente eventi pubblici promossi da un efficiente ufficio stampa che, pur tra mille difficoltà, mantiene i contatti con i media locali e nazionali che non sempre mostrano apertura e disponibilità nel trattare i temi della morte nel loro complesso.
Da un anno a questa parte la Fabretti ha avviato un servizio di utilità sociale legato alla gestione del lutto: troppo spesso infatti chi vive tale condizione si trova isolato e privo di riferimenti e di appoggi. Attraverso un “Open Space Technology”, attivato lo scorso mese di aprile, i cittadini hanno aderito numerosi all’iniziativa di partecipazione democratica al Circolo dei Lettori, esprimendo pareri univoci sull’esigenza di costituire un servizio di supporto al lutto a Torino e in tutte quelle realtà in cui sarà richiesto di attivare l’esperienza d’aiuto. Ne è derivata una risposta chiara: di fronte al dolore e alla perdita occorre trovare un modo per condividere e per riflettere insieme. La Fondazione sta sperimentando, oltre ad uno sportello di ascolto, la capacità dei gruppi di auto-mutuo-aiuto per essere utili nell’attraversamento di quel “deserto” che si rivela talvolta essere lo stato d’animo a seguito della perdita di un congiunto.
Ulteriore obiettivo della Fondazione è rappresentato dall’apertura di un filo diretto con i medici attraverso una costante sensibilizzazione attuata su piani diversi: sottovalutare i problemi di somatizzazione e di depressione derivati da lutti elaborati con difficoltà implica il ricorso massiccio alla prescrizione di farmaci e a un numero elevato di visite mediche poco utili, con un costo molto alto per la sanità pubblica: un intervento di solidarietà costa meno e aiuta di più. “Da questo punto di vista speriamo di poter fornire, in un anno o due, dati incontrovertibili”, sostiene Marina Sozzi.
E i finanziamenti? “Qui cominciano le dolenti note” spiega Marco Novarino, segretario generale della Fondazione. “In ogni caso, nonostante la crisi e i conseguenti tagli operati in tutti i settori da parte di alcuni enti pubblici, non è venuto meno l’appoggio fondamentale della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, della Socrem di Torino, della Regione Piemonte, dell’A.F.C. Torino, della Provincia di Torino e dell’Università del Piemonte Orientale che sostengono i nostri progetti. L’ingrediente fondamentale resta comunque l’entusiasmo di tutti i nostri collaboratori, che credono in questa attività e che lavorano con dedizione, con impegno e con grande professionalità. È anche grazie a loro che festeggiamo un traguardo per noi molto importante”.
 
Maria Angela Gelati

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