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I conti del Covid-19 e l’alta mortalità del 2020

I dati Istat rivelano un triste primato: in Italia raggiunto il massimo storico dalla seconda guerra mondiale.

 

Il resoconto dell’Istituto Nazionale di Statistica in merito ai dati sulla mortalità in Italia nel 2020, in concomitanza con la pandemia da Covid-19, riporta una fotografia sconcertante della situazione demografica del nostro Paese.

“Al 31 dicembre 2020 la popolazione residente è inferiore di quasi 384 mila unità rispetto all’inizio dell’anno, come se fosse sparita una città grande quanto Firenze”. È quanto rileva l’Istat nel report “La dinamica demografica durante la pandemia Covid-19 - anno 2020”. “Gli effetti negativi prodotti dall’epidemia Covid-19 - ha scritto l’Istituto - hanno fatto registrare nel 2020 un massimo storico di decessi dal secondo dopoguerra”.
Il quadro demografico del nostro  Paese ha subìto un profondo cambiamento sia in termini quantitativi che geografici.

Nel 2020 i decessi in totale ammontano a 746.146, il numero più alto mai registrato dal secondo dopoguerra, con un aumento rispetto alla media 2015-2019 (635.854) di 110.292 unità (+ 17,3%).
Se nei mesi di gennaio e febbraio 2020 i decessi nel complesso sono stati inferiori di circa 7.600 unità rispetto a quelli registrati in media nello stesso bimestre negli anni 2015-2019, dall’inizio della prima ondata di Covid-19 (marzo 2020) a fine anno (quindi con incorporata una parte della seconda ondata) si è osservato un eccesso di morti del 21% rispetto alla media dello stesso periodo dell’ultimo quinquennio.

I decessi certificati con presenza del Covid-19 sono stati quasi 76 mila, il 10,2% dei decessi totali a livello medio nazionale (il 70% dell’eccesso complessivo). Il Nord, con il 14,5% sul totale dei morti, registra il maggior peso percentuale, il doppio rispetto al Centro (6,8%) e al Mezzogiorno (5,2%).

Prima ondata

Nel corso della prima ondata dell’epidemia (marzo-maggio 2020) i decessi a livello nazionale sono stati 211.750, quasi 51 mila in più rispetto alla media dello stesso periodo dei 5 anni precedenti (+31,7%). Di questi, i decessi di persone positive al Covid-19 registrati dalla Sorveglianza Integrata ammontano a 34.079 (il 67% dell’eccesso totale). In parte, e la cosa è risaputa, nel corso della prima ondata non sono stati conteggiati defunti con Covid-19 per diversi motivi, tra cui principalmente quello che all’inizio le conoscenze degli effetti del virus erano molto scarse.

L’aumento della mortalità nella prima ondata si è concentrato nelle regioni del Nord (+61,1% nel complesso del periodo), dove si sono sfiorate punte del 95% a marzo e del 75% ad aprile. È soprattutto in Lombardia dove la Grande Falce ha mietuto più vittime, con un bilancio pesantissimo di incremento di defunti (+111,8%); per tutte le altre regioni del Nord l’incremento dei defunti del periodo marzo-maggio è compreso tra il 42% e il 53%. Solamente il Veneto e il Friuli Venezia Giulia si distinguono per un surplus di decessi più contenuto (rispettivamente +19,4% e +9,0%). La prima ondata di Covid-19 si è quindi concentrata nel territorio, con effetti che in alcune zone hanno travolto chi era preposto sia al supporto sanitario, sia l’intera filiera del funebre, della cremazione e del cimiteriale. È come se si fosse continuato ad impilare una sopra l’altra un centinaio di fette da toast e anche più e alla fine la pila è crollata. La stessa pila di un centinaio di fette, se fosse stata distribuita su 20 piani di appoggio (le regioni), sarebbe stata enormemente più bassa, quindi non instabile e allora più gestibile. Cioè quel che si è visto nella seconda ondata, che è stata anche superiore per numero di decessi ma spalmati in ampie zone del Paese.

Per completezza di analisi non possiamo sottacere come la valutazione dei dati medi regionali di contagio e di mortalità spesso non fanno comprendere la portata degli incrementi su scala provinciale, o sub provinciale (come a Bergamo e Brescia, per intenderci). La testimonianza della differente intensità pandemica nel corso della prima ondata è chiaramente avvertibile nei dati del Centro, dove spicca il solo affanno delle Marche che, con il +27,7% di eccesso di morti, si discostano in modo rilevante dall’incremento medio della ripartizione (+8,1%). Nel Mezzogiorno solo l’Abruzzo e la Puglia (+11,6% entrambe) fanno rilevare valori ben al di sopra di quello medio dell’intera area (+5,1%). Ma sempre “poco o niente” nei confronti di ciò che avveniva in Lombardia.

Seconda ondata

Nei mesi della fase di transizione (giugno-settembre 2020), in cui l’epidemia ha rallentato, si assiste a una diminuzione della mortalità in tutte le ripartizioni, con valori di poco superiori a quelli di riferimento del periodo 2015-2019. Dei 203 mila morti dell’intero periodo solo 1.833 sono ascrivibili al Covid-19.

A partire da ottobre 2020 abbiamo registrato la rapida ed estesa diffusione della seconda ondata epidemica, che ha dato luogo a un nuovo importante incremento dei decessi rispetto ai livelli medi dell’ultimo trimestre degli anni 2015-2019. Nel periodo ottobre-dicembre 2020 si contano in totale 213.226 decessi, oltre 52 mila in più rispetto alla media 2015-2019, 39.927 da Covid-19 (il 77% dell’eccesso totale).

Come già accennato, se a livello nazionale l’incremento dei decessi negli ultimi mesi del 2020 è in linea con quello della prima ondata (+32,3%), si osserva una distribuzione geografica profondamente cambiata.
Il prezzo più alto in termini di eccesso di mortalità è pagato ancora una volta dal Nord (+40,0%), ma ora diventa consistente anche nelle regioni del Centro (+24,2%) e del Mezzogiorno (+26,1%), relativamente risparmiate durante la prima fase grazie alle rigide misure di lockdown nazionale, che si sono trovate a fronteggiare per la prima volta un incremento importante di decessi per Covid-19.
L’eccesso di mortalità nell’ultimo trimestre rispetto alla media degli anni 2015-2019 è stato superiore a quello della prima ondata in molte regioni del Nord: Valle d’Aosta (+63,7%), Piemonte (+53,0%), Veneto (+44,4%), Friuli Venezia Giulia (+45,6%) e Provincia autonoma di Trento (+65,4%).

Al contrario in Lombardia (+37,1%), Emilia Romagna (+25,4%), Liguria (+33,9%) e provincia autonoma di Bolzano (+39,1%) l’aumento di decessi della seconda ondata epidemica è stato più basso di quello di marzo-maggio. Tra le regioni del Mezzogiorno spiccano Sardegna (+34,9%) e Puglia (+30,5%).

Riportiamo infine nelle due tabelle seguenti una analisi dello sviluppo della mortalità mensile per l’intero Paese.
 
Daniele Fogli




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