- n. 1 - Gennaio/Febbraio 2019
- Legale, fiscale
Urne cinerarie in affidamento solo a casa?
La Corte di giustizia europea si pronuncia su una integrazione al regolamento di polizia mortuaria del Comune di Padova che vieta la collocazione di urne in luighi diversi dall'abitazione e dal cimitero.
Un imprenditore, qualche tempo fa, lanciò l’idea di creare luoghi alternativi ai tradizionali cimiteri per collocarvi urne cinerarie precedentemente affidate a familiari, avviando questo tipo di attività inizialmente nel Comune di Padova. A dire il vero lo stesso imprenditore aveva anche interesse a vendere il manufatto contenitivo, oltre che l’idea di conservazione delle urne
out-cemetery e quindi si è dato da fare per proporlo a diversi soggetti, compresi i parroci, che potevano trarre utilità da questa circostanza.
Questa iniziativa, come si può immaginare, creò non poche perplessità e
il Comune di Padova, pensando di risolvere la questione per via regolamentare,
si accinse ad aggiungere un testo al regolamento comunale di polizia mortuaria per vietare quella specifica collocazione di urne cinerarie affidate alle famiglie, esprimendosi in questo modo al comma 10 dell’art. 52 –
“Affidamento dell’urna per la conservazione in abitazione” che recita:
“Oltre a quanto previsto dal quarto comma, in nessun caso la conservazione di urne cinerarie può avere finalità lucrative, e pertanto non sono ammesse attività economiche che abbiano ad oggetto, anche non esclusivo, la conservazione di urne cinerarie a qualsiasi titolo e per qualsiasi durata temporale. Tale divieto vale anche in caso di espressa volontà manifestata in vita dal defunto.”
Per meglio comprendere il divieto, riportiamo anche i precedenti commi 3 e 4 dello stesso articolo:
Art. 3 "N
on è in nessun caso consentito all’affidatario demandare a terzi la conservazione dell’urna cineraria. Tale divieto vale anche in caso di espressa volontà manifestata in vita dal defunto".
Art. 4.
"È fatto obbligo di conservare l’urna esclusivamente presso l’abitazione dell’affidatario, in luogo protetto da possibili profanazioni o sottrazioni. Non potranno essere praticate sull’urna, per nessun motivo, aperture o fori”.
Il
TAR del Veneto, chiamato ad esprimersi,
rimise la questione alla Corte di giustizia europea, ritenendo che tale regolamentazione comunale confliggesse con principi di norme comunitarie, in particolare con il riconoscimento delle libertà economiche previste dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (artt. 49 e 56) che prevede la cosiddetta libertà di stabilire iniziative commerciali ed economiche sul territorio dell’Unione. Dopo qualche tempo, estremamente breve in relazione a quelli usuali nelle cause italiane, la Corte di giustizia europea
ha emesso la sentenza sulla causa C-342/17, di cui si riporta il paragrafo con le motivazioni comunali contrarie alle ragioni dell’imprenditore:
“53. Nel caso di specie, il Comune di Padova e il governo italiano asseriscono che la normativa nazionale oggetto del procedimento principale – la quale è pacifico che si applichi senza discriminazioni attinenti alla nazionalità – è giustificata da ragioni imperative di interesse generale intese alla tutela della salute (I), alla necessità di garantire il rispetto dovuto alla memoria dei defunti (II) e alla tutela dei valori morali e religiosi prevalenti in Italia (III), i quali ultimi ostano all’esistenza di attività commerciali e mondane (N.d.R.: forse la traduzione migliore sarebbe stata “materiali”!) connesse alla conservazione delle ceneri dei defunti e quindi, a che le attività di custodia dei resti mortali perseguano una finalità lucrativa.”
La Corte europea, nella sentenza richiamata, accogliendo il ricorso del privato, ma solo per l’articolo 49 TFUE,
smonta le ragioni addotte dal Comune interessato e specifica che non è vero che quando si parla di conservazione di urne,
la materia sia da considerare sensibile in termini di tutela della salute. Smonta anche gli altri due criteri quando dice che
non è vero che sia compito dei cimiteri comunali la tutela dei valori morali e religiosi prevalenti in Italia, essendo il cimitero una istituzione universale che deve accogliere tutti
e non che vi siano attività economiche inerenti alla conservazione delle urne nei cimiteri (si pensi agli Enti, So.crem, confraternite, gestori in
project financing o meno).
La Corte specifica che
anziché vietare la conservazione di urne fuori del cimitero vi possono essere altri sistemi per garantirsi risultato di tutela. E così si esprime:
“Dall’altra parte, esso (il Comune)
è in grado di garantire che, qualora le imprese interessate cessino le loro attività di custodia, le urne in questione non siano abbandonate o il loro contenuto non sia disperso in modi e luoghi inadatti.” È il caso che si potrebbe effettivamente verificare con la cessazione anzitempo del servizio imprenditoriale (es.: per chiusura di attività o suo fallimento) e con urne che rischiano l’abbandono. La Corte europea ritiene altresì che
la tutela del dolente affidatario possa avvenire anche con sistemi di salvaguardia economica che consentano il rientro dell’urna nelle mani dell’affidatario o all’interno di un cimitero (ad es. N.d.R.: con una fidejussione calcolata in misura tale da consentire il risultato). E la Corte si spinge ancora oltre quando asserisce:
“64. Orbene, l’apertura delle attività di custodia di resti mortali ad operatori privati avrebbe potuto essere assoggettata al medesimo inquadramento tariffario, che, di per sé, lo Stato membro interessato evidentemente non considera contrario ai propri valori morali e religiosi, possano essere applicate dall’ente privato concessionario”.
In definitiva la Corte di giustizia europea, pur con i distinguo sopra ricordati, ammette che le urne precedentemente affidate a familiare possano da questi non solo essere portate in cimitero, rinunciando all’affidamento, ma che l’affidatario possa continuare l’affidamento in luogo diverso dall’abitazione, con un servizio anche svolto in forma imprenditoriale.
Restano però fermi tutti i limiti che la norma generale prevede e cioè le caratteristiche del luogo in cui sono conservate le ceneri, la tutela di chiunque voglia visitare il defunto (nota come
jus inferendi in sepulcrum) e più in generale quanto specificato dal D.P.R. 24 febbraio 2004 in caso di affidamento delle ceneri.
Ricevuta la sentenza della Corte di giustizia europea il TAR del Veneto si esprimerà in via definitiva sulla questione e il regolamento del Comune di Padova dovrà adeguarsi a quanto stabilito.
Essendo però quello sopra riportato un principio individuato da una sentenza della Corte di giustizia europea,
si pone conseguentemente l’interrogativo di come applicarlo nel resto del Paese e in ogni altro Paese d’Europa. E il
primo problema che emerge per l’Italia è
se le Regioni, che erano intervenute per la quasi totalità specificando che legiferavano o regolavano l’affidamento in attuazione di materia concorrente,
ritenendo questa afferente alla sanità, possano ancora legittimamente esprimersi. E non è finita: la stessa
Legge 130/2001, che aveva previsto al comma 1 dell’articolo 3, che fosse necessaria l’attuazione della legge con modifica del D.P.R. 285/1990, anche se con procedura rafforzata,
diventa discutibile perché lo strumento normativo è in attuazione del Testo Unico sulle Leggi Sanitarie.
Cosicché se la Corte di giustizia europea ha ritenuto che per le ceneri non vi siano tutele sanitarie, ben difficilmente si potrà sostenere in Italia che la modifica del D.P.R. 285/1990 sia lo strumento giuridico più idoneo per regolare la materia. Probabilmente, se ci si riferisse alle materie indicate nell’art. 117 della Costituzione, in cui viene specificata la potestà legislativa esercitata dallo Stato e dalle Regioni, si potrebbe propendere affinché questa sia materia esclusiva dello Stato, poiché riferentesi a:
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
p) [..]funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
e per i rapporti imprenditoriali, riguardo alle ricadute generali della sentenza, anche alla lettera:
e) tutela della concorrenza.
Sembra così diventare
necessaria, e si aggiunge urgente, la emanazione di una specifica legge statale, che riprenda l’intera materia della cremazione, per farne un corpo giuridico definito e capace, dopo oltre una dozzina d’anni di rodaggio di norme regionali a volte contrastanti e spesso debordanti rispetto ai limiti oggettivi esistenti. Una legge che dia stabilità a questioni complesse e delicate riguardanti la cremazione e i crematori.
Daniele Fogli