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Culti e leggende del Sud-est asiatico

Il drago di Naga Padoha, signore del mondo sotterraneo, il villaggio dei morti e il culto degli antenati.


Il Sud-est asiatico è una macro regione dell’Asia posizionata esattamente tra l’Oceano Indiano e l’Oceano Pacifico, composta da una grande penisola, di cui fanno parte Indocina e Malacca, e gli arcipelaghi dell’Indonesia e delle Filippine. Come spesso accade nelle zone strategiche per gli scambi commerciali, anche il Sud-est asiatico ha subìto profonde contaminazioni culturali e religiose che hanno dato vita ad una visione molto articolata dell’aldilà. Le contaminazioni più significative sono avvenute rispettivamente tra il buddhismo, il taoismo e il confucianesimo nell’Indocina, tra il cristianesimo e le credenze animiste nelle Filippine, ed infine tra l’induismo e il cristianesimo in Malesia e nell’Indonesia.In tutto questo marasma di credi e ritualità non è facile definire una linea di sviluppo uniforme per tutta la regione anche in considerazione del fatto che ai margini delle religioni dominanti si è affermato un corollario di culti paralleli ed ibridi dalle mille sfaccettature. All’interno della macro regione del Sud-est asiatico, il Vietnam, l’Indonesia e le Filippine rappresentano tre degli esempi più interessanti.

Vietnam

La ritualità popolare vietnamita è basata principalmente sul culto degli antenati. Si tratta di una tradizione che non si limita al solo Vietnam ma è ampiamente diffusa e praticata in gran parte della regione. Con ogni probabilità il culto degli antenati
vietnamita ha subìto larga influenza da una visione taoista cinese e persiste saldamente ancora oggi, quasi fosse un culto laico, praticato in modo trasversale in ogni famiglia a prescindere dall’orientamento religioso.

Nell’antichità era una pratica piuttosto complessa che traeva origine dall’idea che ogni uomo fosse composto da dieci anime ed ogni donna da dodici. L’insieme delle anime era diviso tra Hon che erano tre sia per gli uomini che per le donne e Via, in quantità variabile per entrambi. La felicità o l’infelicità di ogni individuo era determinata dal prevalere degli spiriti buoni su quelli cattivi. Successivamente alla morte i Via lasciavano la terra al contrario degli Hon che, secondo la tradizione popolare, restavano nel mondo dei vivi ed erano venerati dai dolenti. Subito dopo la morte, infatti, gli Hon venivano trasferiti simbolicamente in una tavoletta funebre in argilla che veniva posizionata sull’altare degli antenati affinché il defunto nella sua essenza immateriale potesse comunque restare a vivere all’interno delle mura domestiche evitando di diventare un’anima errante capace di vendicarsi compiendo azioni malevole nei confronti dei vivi.

Ancora oggi il culto degli antenati rimane uno degli aspetti più significativi della cultura vietnamita,
sopravvissuto all’evoluzione culturale, politica e sociale. Nelle case è normale incontrare un altare dedicato agli antenati in cui in cui sono esposte le foto delle ultime tre generazioni del capo famiglia. Una pratica che rimarca un importante legame con le proprie origini.

Indonesia

In Indonesia la visione dell’aldilà cambia e diventa più articolata in base alla zona geografica. Le leggende più antiche si rifanno al villaggio dei morti e al mito del drago Naga Padoha. Secondo la credenza popolare, il viaggio che le anime dei defunti intraprendevano nell’aldilà variava in base a come era avvenuto il decesso. Vi erano le cosiddette “morti buone” che riguardavano gli individui che si spegnevano per cause naturali, come ad esempio nel caso degli anziani, e le “morti cattive” che, al contrario, erano relative a coloro che morivano a causa di incidenti, annegamenti, malattie o morso di serpenti. Tutte le anime iniziavano il loro viaggio raggiungendo il villaggio dei morti che si trovava, secondo la leggenda, in cima ad una montagna. Nella tradizione, questo luogo era molto importante perché costituiva il punto di smistamento dal quale il viaggio proseguiva verso due possibili destinazioni: le anime degli individui deceduti per cattiva morte restavano bloccate sull’isola di Pulau Rusa ed avevano il compito di ossessionare i vivi assumendo la forma di grandi sagome nere senza testa mentre le anime di coloro che avevano avuto una buona morte si reincarnavano in altri individui. Le reincarnazioni in totale erano cinque e l’ultima dava l’opportunità di raggiungere la dimensione divina.

Questa è una delle svariate leggende legate al culto dei morti dell’Indonesia; nonostante il loro numero sia considerevole, come molteplici sono le loro versioni, rimane comunque elemento comune in ognuna di esse la rappresentazione di un mondo sotterraneo governato da un demone che aveva anche il compito di sorreggere sulle proprie spalle la Terra, come ad esempio il drago Naga Padoha. Secondo le credenze popolari, infatti, i terremoti - fenomeni assai forti e frequenti nella regione - erano dovuti ai suoi movimenti.

Filippine

Per quanto riguarda le Filippine, va innanzitutto rilevato che a causa della natura dell'arcipelago e della mancanza di un governo centrale prima dell'arrivo degli spagnoli, vi è una grande frammentazione di miti e leggende. Possiamo comunque affermare che l’attaccamento alla religione è sempre stato molto forte. Pertanto, la morte è sempre stata considerata un evento estremamente importante in cui i dolenti si prodigavano per aiutare l’anima del defunto. La veglia funebre poteva quindi durare molto tempo e durante questo periodo tutti i parenti si stringevano intorno alla salma.

Anche qui l’interazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti era molto stretto, e se i sopravvissuti si adoperavano per salvare l’anima del trapassato, quest’ultimo aveva il compito di proteggere i propri cari. Prima delle contaminazioni date dal cristianesimo non esisteva una chiara definizione del paradiso e dell’inferno, anche se era comunque presente una chiara divisione tra il bene e il male, tra gli spiriti buoni degli antenati, a cui ci si rivolgeva per invocare protezione, e gli spiriti malevoli che potevano manifestarsi sotto forma di apparizione di fantasmi. Anche in queste isole è da rilevare come nonostante il progresso tecnologico, socio economico e culturale che ha interessato l’intera regione negli ultimi decenni, il culto degli antenati è rimasto un elemento imprescindibile nella tradizione spirituale dei quei popoli.
 
Miranda Nera


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