Rotastyle

21 dicembre 2012

Cronache musicali dalla fine del mondo

I Maya l’avevano detto. Tutti però lì a ridere, a scherzare, a scongiurare. Nessuno ci aveva creduto, eccezione fatta forse per qualche sperduta setta nelle praterie degli Stati Uniti. Pochi avevano iniziato a salutare i propri cari, a scialacquare i (pochi) risparmi, a rivedere vecchie foto e a cercare di dare un senso alle ultime ore di vita. Pochi, pochissimi. Nonostante tutti, ma proprio tutti, fossero stati avvisati dalla televisione, dal web e da ogni fonte di notizia immaginabile. Tuttavia solo quei pochi avevano capito che il contenuto della profezia non era una minaccia, ma una promessa: e come tale, dunque, è arrivata puntuale la sua attuazione.
Ciò che è più strano è che nessuno aveva immaginato che sarebbe stata proprio così. Eppure in molti ci avevano provato: registi, fotografi, scrittori, artisti di ogni genere avevano fantasticato sulla fine del mondo. Per non parlare dei cantautori: Ligabue l’aveva immaginata televisiva con A che ora è la fine del mondo, messaggio del Papa in mondovisione, show strappalacrime sulle altre reti e tanta pubblicità; per i R.E.M., che avevano ispirato Ligabue con It’s the end of the world as we know it (and I feel fine), la fine del mondo era decisamente onirica con personaggi del cinema di Orson Welles insieme a coltelli, aerei in picchiata e tv alle sei del pomeriggio. Poetica invece è La fine del mondo dei Modena City Ramblers, cullati dal rumore del mare e dal vento del nord che li porta tra isole lontane. Nemmeno un temporale cantava invece il miscredente Caparezza, convinto che La Fine di Gaia non sarebbe mai arrivata e che si si sarebbe trattato solo di un fuoco di paglia. Del poco tempo che ci era rimasto se ne erano accorti invece i Muse e ci avevano avvertiti con la loro Time is running out, il nostro tempo sta finendo come la nostra libertà. Sì, ma “come siamo arrivati a questo?” cantano ancora i Muse: la risposta tuttavia è rimasta sepolta con i Maya.
Non è certo possibile prescindere da The End dei Doors, in cui Jim Morrison introduce il tema edipico dell’amore verso la propria madre che porta alla fine, alla morte. Celebre il remix realizzato per il film di Francis Ford Coppola Apocalypse Now, anche se l’apocalisse si sarebbe verificata solo anni dopo, il 21 dicembre 2012. Non si trattava certo de "il congiuntivo di apocalire" come suggerivano gli Elio e le Storie Tese nel loro ultimo singolo Sta arrivando la fine del mondo, niente conti da pagare dopo la gran festa al Billionaire e nemmeno l’humour raffinato degli antichissimi Maya.
Era tutto vero: la fine del mondo è arrivata e ha colto il mondo di sorpresa. Nessuno è stato risparmiato. È accaduto in un lampo e, dopo, la calma più totale. Il risveglio è stato indolore e intorno l’ambiente sembrava inalterato. C’era solo una strana atmosfera ovattata che impediva di vedere l’orizzonte. Nel nostro mondo si sarebbe detta nebbia. La mattina, in ufficio, tutti si comportavano in modo sospettosamente normale: il telefono squillava, le dita battevano sulle tastiere e la macchinetta continuava a erogare una brodaglia di colore scuro che alcuni si ostinavano a chiamare caffè. Insomma, il mondo dopo la sua fine era tremendamente simile a prima. Eppure la fine è arrivata, non vi è alcun dubbio. I Doors, Ligabue, i R.E.M., Caparezza e gli altri si erano decisamente sbagliati.


 
Sara Sacco


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