- n. 1 - Gennaio 2018
- Attualità
La cremazione... un tema scottante!
L'incremento della cremazione apre nuovi scenari e nuove prospettive.
È un fatto noto che in Italia, come nella maggior parte dei Paesi occidentali, la pratica della cremazione sta subendo un incremento che, data la rapidità e la capillarità con cui si sta diffondendo, possiamo definire veramente significativo.
In attesa di dati Istat aggiornati, le ultime analisi statistiche risalenti al 2014 testimoniavano
un aumento del 6,5 % rispetto all’anno precedente, con una media nazionale di poco inferiore al 20%, anche se permane un notevole scarto tra Nord e Sud (dal 24,8% della Lombardia allo 0,4 % di Campania e Sicilia) per cui il settentrione risulta molto più propenso a tale pratica rispetto al meridione. Visto il trend positivo, è ragionevole aspettarsi che i nuovi dati confermino e superino i precedenti numeri. Determinante, in questo processo, è stata anche la posizione della Chiesa che ha inequivocabilmente sdoganato il ricorso alla cremazione anche se rimane su posizioni ferme per quanto riguarda la conservazione e la dispersioni delle ceneri.
La crescita della cremazione è frutto di un cambiamento di mentalità che determina un mutamento dei comportamenti intervenendo sulla ritualità delle cerimonie funebri. Tutto ciò ha conseguenze rilevanti sul mercato funerario. Al di là dell’esplosione esponenziale di produzione di urne (se ne trovano oramai di tutti i materiali, fogge e prezzi) l’impatto maggiore grava sugli operatori del settore che si vedono a loro volta costretti a modificare pratiche e strategie consolidate.
La cremazione e l'impresario funebre
Gli impresari funebri hanno sempre posto la bara al centro dell’attenzione nelle scelte da proporre al cliente. Essa, infatti, oltre ad essere l’oggetto imprescindibile per le esequie, ha anche una funzione sociale di rappresentazione esterna dello
status della famiglia del defunto. Di conseguenza è proprio sul cofano che si è sempre concentrato il business dell’impresa. La cremazione ha portato ad optare per modelli di qualità, e quindi anche di costi, inferiori, riducendo in modo sensibile il margine per l’operatore. È questa una tendenza piuttosto incomprensibile, poiché il cofano è un mezzo per rendere un tributo alla persona scomparsa e la funzione principale, oltre ovviamente a quella di accogliere le spoglie del defunto, si esaurisce nella cerimonia del commiato; quale sia poi la sua destinazione finale (se incenerito, interrato o racchiuso in un loculo) non dovrebbe fare alcuna differenza. Ma le cose stanno comunque in questo modo e
l’impresario deve modificare il suo modus operandi per non essere penalizzato e, al contrario, trasformare questo cambiamento, in apparenza svantaggioso, in una nuova opportunità. Ma come? Indirizzandosi in primo luogo sulla
globalità e la diversificazione dei servizi, come è avvenuto in altri Paesi esteri dove questo fenomeno si è manifestato prima. Può essere, ad esempio, valorizzato maggiormente il momento del corteo funebre, rivolgendo quindi l’attenzione sul sistema di trasporto utilizzato, gli addobbi, le composizioni floreali..., oppure offrire servizi di tanatoestetica per una presentazione ottimale della salma o, ancora, puntare sull’organizzazione dei rituali dell’addio, sull’eventuale catering funerario (ove possibile) o, da ultimo, ma non meno importante, specializzarsi sull’espletamento delle pratiche amministrative. In altri termini
è necessario avere una visione completa e professionalizzarsi al massimo per poter essere competitivi sul mercato e all’altezza nel rispondere alle esigenze di una società in continua evoluzione.
La cremazione e il cimitero
Gli effetti dell’aumento della cremazione non si fanno sentire solo sulle imprese di onoranze funebri, ma hanno
rilevanti conseguenze anche sui cimiteri.
In queste ultime decadi il cimitero ha perso la funzione di luogo d’incontro ed elaborazione del lutto: la sua frequentazione è infatti in forte calo e le persone che lo visitano sono sempre meno e sempre più anziane. L’incidenza della pratica della cremazione ha enfatizzato ulteriormente questa tendenza e al contempo sta privando il cimitero anche della sua funzione primaria di sistema di garanzie igienico sanitarie per la collettività.
La rigidità normativa e spaziale del sistema cimiteriale di derivazione da un lato napoleonico e dall’altro austro-ungarico, di fronte alla possibilità di nuove espressioni urbanistiche ed architettoniche, deve ora essere rivista e
adeguarsi ad una maglia spaziale connessa alla dimensione dell’urna cineraria e non più a quella molto maggiore della bara. Anche in questo caso opportuni suggerimenti possono essere mutuati da esperienze di altri Paesi per aver vissuto queste problematiche prima di noi. Bisogna ripensare in primis a nuove soluzioni di architettura cimiteriale, assieme alla valutazione di quale ruolo possa giocare, nel flusso di eventi collegati con un decesso, una
nuova concezione di commiato che viene svolto nel crematorio, solitamente sito all’interno o nelle vicinanze del cimitero.
Nuova linfa ai cimiteri potrebbe poi giungere dalla
valorizzazione del patrimonio artistico di cui i nostri camposanti sono estremamente ricchi, mettendolo a disposizione della collettività ed incentivando così una nuova frequentazione non direttamente connessa al lutto. In questo modo il cimitero si riapproprierebbe della sua funzione di luogo di incontro e aggregazione.
Anche il settore funerario, analogamente a tutti gli ambiti professionali, sta vivendo un’epoca di grandi cambiamenti e per poter vincere la sfida è necessario operare con una mentalità rivolta al futuro ed essere pronti ad accogliere nuove idee e tradurre gli stimoli in concrete possibilità.
Raffaella Segantin