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Crematori su ruote: sogno o realtà?

Aumento delle cremazioni e carenza di impianti: analizziamo la normativa in merito alle soluzioni mobili.

Il numero di persone che in Italia sceglie la cremazione è in deciso aumento. La percentuale è in crescita da una decina d’anni, ma l’accelerazione maggiore la si è vista durante il periodo pandemico, quando c’era la necessità di disporre in modo veloce in merito alle numerose salme, mantenendo procedure dignitose per i defunti e le famiglie, ma evitando cerimonie che prevedevano tempi lunghi e assembramenti.
Le motivazioni odierne in fatto di aumento delle cremazioni, invece, sono da imputarsi a diverse motivazioni: i costi più contenuti rispetto all’inumazione, gli spazi carenti nei cimiteri, il minor impatto ambientale e la possibilità di affidare le ceneri ai parenti o disperderle.

Dunque, più cremazioni. Ma gli impianti sono sufficienti?
La risposta a questa domanda muta in base alle diverse zone di Italia.
In generale la differenza più netta si ha tra le regioni del Nord, dove pare esserci una copertura abbastanza capillare in fatto di impianti e strutture, e quelle dove vi è una carenza strutturale importante perché non adeguatamente attrezzate per la crescente domanda, specie al Sud.
Ciò, tuttavia, non è sufficiente a rispondere in modo eloquente al quesito in quanto, anche Regioni in cui gli impianti sussistono (ed anzi a volte parrebbero essere addirittura troppi per il bacino di utenza!) possono “temporaneamente” essere in difficoltà là dove l’impianto, o alcune linee dello stesso, vengano bloccate. I motivi dei blocchi possono essere i più vari: dai lavori di manutenzione straordinaria alle più frequenti controversie tra i concessionari e le Committenze pubbliche (ad esempio AUA etc).
Da qui lo studio di impianti di cremazione mobili, dei veri crematori “su ruote” che in Europa sono già esistenti da alcuni anni, ma che in Italia non hanno per ora trovato mercato per via di una normativa non del tutto chiara.

Veniamo proprio alla normativa.
Prima di tutto voglio specificare che in questa sede non starò ad analizzare le disposizioni regionali, poiché alcune di queste hanno affrontato già il singolo caso propendendo per l’una o l’altra tesi esplicitamente (nell’alveo del potere legislativo che alla Regione viene concesso).
Mi limiterò invece ad affrontare il tema a livello generale.

Dal punto di vista normativo, il Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Rubricato “Norme in materia ambientale” (pubblicato in Gazzetta Ufficiale al n. 88 del 14 aprile 2006) costituisce il riferimento principale per la regolamentazione ambientale in Italia.
Il punto fondamentale è comprendere se il crematorio “trasportabile” sia o meno sottoponibile ad Autorizzazione Unica Ambientale, da richiedersi prima dell’utilizzo dell’impianto, con tempistiche e oneri anche economici rilevanti che di fatto vanificherebbero l’utilizzo una tantum del forno.
Orbene, a livello di Testo Unico Ambiente, il crematorio “mobile” può essere ricondotto al concetto di Impianto mobile.
Invero, il decreto citato definisce l’Impianto mobile (art. 208, c.15): “struttura tecnologica unica o assemblaggio di strutture tecnologiche che possono essere trasportate ed installate in un sito per lo svolgimento della campagna di attività di durata limitata nel tempo. Struttura tecnologica unica è il macchinario (corpo unico che svolge l’operazione di smaltimento o di recupero) identificabile con marca, modello, numero di matricola. Soggetto a direttiva macchine”.

Occorre poi fare riferimento altresì al concetto di attività produttiva aziendale autonoma. Nello specifico, il concetto di unità produttiva è ben definito nella parte V° del suddetto decreto che è stato anche oggetto di esame da parte della Giurisprudenza (Corte di cassazione n. 11660/2003) la quale ha definito l'"attività produttiva aziendale" come una "componente organizzativa dotata di indipendenza tecnica ed amministrativa".
In questo contesto, l'installazione di un impianto di cremazione su container non rientrerebbe nella definizione tanto di "impianto fisso" ma di “indipendente” votato allo svolgimento di una attività di durata limitata.
E ciò è vero là dove l’impianto crematorio mobile venga utilizzato temporaneamente per esigenze, appunto, contingenti.
C’è infatti una specifica, che in giurisprudenza è stata oggetto di alert e che deve essere tenuta in debito conto dalle Amministrazioni: “non rientra nella definizione di impianto mobile una apparecchiatura che, sebbene presenti possibilità di essere spostata e posizionata su diverse aree, viene impiegata continuativamente all’interno di un sito (…). Le operazioni eseguibili con tale apparecchiatura dovranno necessariamente essere ricomprese all’interno dell’autorizzazione e potranno operare solo nelle aree specificatamente indicate sulla planimetria allegata al progetto definitivo dell’intervento. L’impianto mobile deve essere nella piena ed esclusiva disponibilità del soggetto autorizzato”.
Dunque, là dove il crematorio mobile dovesse divenire parte stabile dell’impianto crematorio – divenendo di fatto una nuova e ulteriore linea - o dovesse diventare ex sé l’impianto del cimitero, per siffatta interpretazione, parrebbe che il crematorio su ruote debba essere sottoposto ad Autorizzazione Unica Ambientale.
 
Avv. Alice Merletti & Avv. Elena Alfero

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