- n. 1 - Febbraio 2002
- Curiosità
Tra preda e predatore
CONVERSAZIONE DI MORTE
Il lupo e la sua preda si trovano di fronte. L'inseguimento è arrivato al momento culminante, in cui uno dei due ha già accettato inevitabilmente la sua fine. In questi ultimi istanti, gli animali non solo si guardano: si fissano intensamente e sembra che prendano reciprocamente una decisione.
Si tratta di un vero e proprio scambio cerimoniale: la preda sa che non può fare altrimenti.
Deve sottomettersi. Deve sottomettere la sua carne perché questo rientra nel tradizionale ciclo della natura. In questo modo, con intensi e rapidissimi sguardi, entrambi gli animali, e non solo il predatore, stabiliscono che l'incontro termini con la morte. Gli studiosi hanno infatti definito "conversazione di morte" il momento del contatto visivo tra predatore e preda.
Affascinante e tremenda, la "conversazione di morte" lega in maniera indissolubile le specie animali: predatori e prede vengono così uniti, non potendo sottrarsi a quanto rientra nella loro specifica indole, di aggressori o aggredite.
È un rituale ben preciso, quello legato alla predazione. Dopo aver puntato la vittima, il suo carnefice parte all'attacco, una azione che vuole portare a termine con la vittoria. La preda, dal canto suo, rispondendo al suo istinto di sopravvivenza, tenta fino alla fine di non soccombere.
Preda e predatore, in questi momenti, sono tenuti insieme da un doppio filo: l'aggressività dell'uno, in caccia di cibo, contro le astuzie dell'altra, intenta a salvare la vita. Così la predazione viene ad essere giocata attraverso una complicata liturgia di messaggi. Ad esempio, le gazzelle compiono balzi verticali per dimostrare ai malintenzionati la propria efficienza; le allodole, alla sola vista di un falco, amplificano il volume delle loro vocalizzazioni per comunicare di essere in piena forma.
Anche gli occhi hanno un ruolo molto importante nella predazione: la paura dilata la pupilla, l'aggressività la restringe.
Le strategie e le capacità di reazione dei due animali influenzano comunque l'esito dello scontro. Alle volte, infatti, anche la vita del predatore non è così facile: solo con la morte di altri animali può garantire la prosecuzione della sua specie, ma i suoi assalti non vanno sempre a buon fine. Lo sanno bene i lupi, che nonostante conoscano benissimo la "conversazione di morte", riescono a portare a termine la caccia ad un grande erbivoro una volta su dieci.
Così, anche se possono attaccare animali di dimensioni molto maggiori delle loro, come alci, renne, cervi, caprioli, cinghiali, in caso di necessità non disdegnano bestie più piccole, dai castori ai topi. Per i lupi, la capacità d'aggressione nasce dall'unione e dalla solidarietà del gruppo: inseguita e catturata la preda, il branco non si allontana fino a quando non è stata interamente consumata. A meno che attraversi un periodo di povertà di cibo: in questo caso nasconde sottoterra i bocconi di carne che mangerà più avanti. Oltre ad essere predatori per natura, molti animali possono iniziare a cacciare per convenienza.
Se, in genere, leoni ed elefanti si mantengono a distanza, nella stagione secca, da aprile a fine ottobre, le minime disponibilità d'acqua li portano a stretto contatto: l'accalcarsi degli elefanti attorno a ridotte pozze fa reagire i leoni, che vedono drasticamente ridursi le preziose riserve.
Così si comportano di conseguenza. Iniziano ad attaccare i pachidermi, che diventano le loro prede più ambite. Assalgono piccoli e grandi, con grande audacia: compiono attacchi frontali all'interno del gruppo, cacciano le femmine per catturare i cuccioli. Una predazione che può sembrare feroce, eppure nasce dalla necessità di salvarsi la vita.
Gianna Boetti