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Commedia in tre atti di scena a Bari

Premessa: su OLTRE MAGAZINE dello scorso febbraio, insieme al mio solito intervento, sono state pubblicate due lettere: una del Segretario di FEDERCOFIT Giovanni Caciolli e l'altra di un tale Michele La Forgia, dipendente "precario" dell'asef di Genova, alle quali non posso non riservare la mia attenzione. L'importanza degli argomenti fieristici ha privato i fascicoli di marzo ed aprile dei miei "sproloqui", sicché c'è stato uno slittamento del materiale già da me predisposto. Ciò non toglie che le "spiegazioni" ai succitati miei interlocutori, già approntate, debbano essere ulteriormente rimandate, con il beneplacito del direttore, per dare la precedenza ad un argomento più pressante.

Il trasporto funebre nel Comune di Bari veniva esercitato in regime di privativa ed era svolto da una apposita azienda comunale denominata AMAF. Il servizio non era certamente il migliore possibile (anzi, era del tutto carente), tanto che il Comune fu costretto a consentire alle imprese private di effettuare ognuna i propri trasporti a condizione che venissero pagati i relativi diritti comunali. Un bel giorno, però, alcune imprese private, stanche di questo sopruso, iniziarono a non pagare più i diritti di privativa. Il Comune intraprese la strada della riscossione coatta, citando in giudizio le imprese inadempienti. Queste proposero opposizione ed il Comune perse le cause. Rincuorate dalla vittoria legale, le imprese "ribelli", forti anche del pronunciamento che nel contempo aveva emesso l'Antitrust nel luglio '98, presentarono ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale contro la privativa. Il TAR Puglia, II Sezione, con sentenza n. 816/2001, riconobbe il diritto delle ricorrenti imprese private ad effettuare il servizio di trasporto funebre (che, di fatto, svolgevano già), nel territorio del Comune di Bari, senza la necessità della preventiva autorizzazione comunale. Il Comune, a sua volta, preso atto di tanto, con una goffa o quanto meno pleonastica delibera di Giunta n. 895 del 2/8/2001, "autorizzava" le imprese private ad effettuare i trasporti funebri senza doversi premunire di specifica autorizzazione (ce n'era proprio bisogno?). Lasciando, però, in sospeso un dilemma: tale libertà operativa era valida per le sole imprese ricorrenti e vincitrici al TAR o era estensibile a tutte le imprese private e cioè anche a quelle che non erano associate alle varie fasi della protesta? Insomma, nel caso in questione era applicabile il principio "erga omnes", oppure no? Comunque sia, importante era il risultato ottenuto: la privativa era stata debellata. Fine del primo atto.

Si riapre la scena: secondo atto. Le imprese ricorrenti e vittoriose sono sei fra le quali una sola di grosse dimensioni, essendo a sua volta una concentrazione di cinque, e le altre di portata minore. La vita scorre; la morte fa il suo corso. A Bari i trasporti funebri vengono svolti liberamente. Ma, forse, a qualcuno tutta questa libertà non sta bene. Una libertà operativa eccessiva, che annulla la differenza fra i "grandi" ed i "piccoli"; una libertà che pone su un piano di uguaglianza il colosso e l'impresa familiare: constatazione che evidentemente provoca il risentimento e, diciamolo pure, l'irritazione di chi, ritenendosi grande, non accetta la parità con il piccolo ed innesca il solito processo di prevaricazione. Nel frattempo "la Ministra" Rosy Bindi aveva preparato una bozza di riforma al Regolamento di Polizia Mortuaria che, alla sua defenestrazione, venne accantonata. Il suo successore Umberto Veronesi ignorò completamente l'argomento funerario nel corso della sua breve permanenza al Dicastero, e la bozza cadde nel dimenticatoio. Con l'avvento del centro-destra e l'inarrestabile avanzata della devolution leghista, mentre il nuovo ministro Sirchia riprendeva in mano il progetto di revisione al Regolamento nazionale, alcune Regioni, in primis la Lombardia, promulgavano le prime leggi in materia. Le nostre associazioni di categoria, FENIOF e FEDERCOFIT, che fanno? Anziché alzare le barricate, organizzano convegni locali a supporto della sconsiderata frantumazione ed a maggiore diffusione del "verbo" autonomistico, mercé la cui affermazione ciascuno, Regione, Province Autonome, Comuni, Comunelli e fra poco Quartieri, Circoscrizioni e Frazioni, possono o potranno fare le proprie leggi in barba al principio ed alla esigenza che certe norme, come quelle funebri, dovrebbero avere valenza perlomeno nazionale per non dire europea.

Atto terzo: il 16 dicembre 2003, a Bari, si tiene un convegno di imprese funebri sotto l'egida di FEDERCOFIT. A distanza di appena tre mesi, il 23 marzo 2004, il Consiglio Comunale di Bari approva la delibera n. 38 che rivoluziona il sistema dei trasporti funebri in città, sostituendo, di fatto, la defunta privativa comunale con un malcelato mono/oligopolio privatistico. Il 27 marzo, a Modena, nell'Assemblea di FEDERCOFIT, un notissimo esponente dell'imprenditoria funebre privata barese, nonché elemento di spicco di quella concentrazione di imprese già citata, diventa membro del Consiglio Direttivo di FEDERCOFIT. Se due più due fa quattro, c'è da chiedersi: a) da chi è stato "voluto" il convegno di dicembre a Bari?; b) quali altri "contatti" si sono svolti, fra le pieghe del convegno, se subito dopo il Comune ha "partorito" le mostruosità contenute nella delibera n. 38/2004?; è lecito immaginare che la buona riuscita del complotto (estromettere le imprese minori dal servizio di trasporto funebre) sia stata premiata con l'ingresso trionfale del suo presunto artefice nel gotha verticistico di FEDERCOFIT? "Ai posteri l'ardua sentenza"! Noi spostiamo l'attenzione sulla delibera n. 38 che annulla la precedente totale libertà per introdurre l'accreditamento (tanto caro a taluni). Come si ottiene l'accreditamento? Con il possesso di 2 carri funebri per adulti con 2 autisti-necrofori e 3 necrofori, 1 carro funebre per bambini con 2 autisti-necrofori ed altri 2 necrofori, 1 carro per trasporto fiori, 1 cassone per recupero, nonché l'autorimessa nel Comune di Bari. Fine del terzo atto e della "commedia".

Chi è il regista occulto (ma non troppo) di questa manovra iniqua che taglia le gambe alla maggior parte delle imprese funebri baresi, per premiarne una sola? Quella che possiede i requisiti previsti nella delibera n. 38 e consentono di accreditarsi? Le altre imprese, sprovviste degli elementi abilitanti, non potendo svolgere i trasporti, a chi dovranno rivolgersi? A quell'unica accreditata! Dalla padella, nella brace! Dal monopolio comunale ad un nuovo mono/oligopolio privato! Non c'è che dire: un impeccabile vestito cucito su misura da un sarto provetto con l'ausilio di una rinomata casa fornitrice di stoffa ed accessori utili alla bisogna!

Il Comune di Bari ha commesso, però, un colossale errore: essersi affidato, per la elaborazione della delibera-regolamento, a persone non proprio competenti. Le quali dimostrano, addirittura, di ignorare che il D.P.R. n. 803 del 21/10/1975 è stato abrogato dal D.P.R. n. 285 del 10/9/1990 tuttora vigente; che ai necrofori comunali (operanti nei cimiteri) non possono essere affidate funzioni di controllo sulla chiusura dei feretri; che l'autorimessa per i carri funebri, eventualmente ubicata oltre i confini comunali, non può costituire motivo di diniego dell'accreditamento e che, come spiega la circolare n. 24 del 24/6/93, punto 5.3, comma 2, in alternativa alla cassa recupero "è consentita l'utilizzazione delle normali casse di legno purché il cadavere venga racchiuso in contenitori flessibili in plastica biodegradabile". Inoltre dimostrano di non conoscere o non tenere in alcun conto la sentenza dell'Antitrust, nel punto in cui sancisce che "il trasporto funebre è consentito a ciascun soggetto titolare dell'autorizzazione al commercio e della licenza di pubblica sicurezza. Un'ulteriore autorizzazione specificatamente riferita alla prestazione del trasporto funebre potrebbe costituire un ingiustificato ostacolo all'esercizio dell'attività". E che cosa è l'accreditamento, se non una sorta di autorizzazione specifica riferita al trasporto? Il quale è e rimane, a mio modesto parere, il corollario indispensabile e ineludibile della pompa funebre? Non solo, ma ulteriormente chiarisce: "i requisiti aggiuntivi talvolta richiesti dai regolamenti comunali alle imprese che aspirano ad operare nel settore in ambito locale (ad esempio, particolari caratteristiche degli automezzi, disponibilità degli stessi necessariamente in proprietà e non ad altro titolo da parte dell'impresa funebre) possono determinare ostacoli all'entrata nel mercato che non appaiono giustificati da interesse generale". Mi pare di capire che anche le imprese non proprietarie di carro funebre debbano potere svolgere i trasporti (o farseli svolgere) a salvaguardia dell'interesse della collettività che è superiore a quello delle lobby e dei potentati. Lo dice la più alta Autorità della Concorrenza e del Mercato! Se sbaglio mi si corregga! Infine esaminiamo quest'ultima chicca: a Bari la mortalità infantile è ridotta (per fortuna) a una ventina di unità annue; ciò nondimeno ogni impresa dovrebbe riservare a questo tipo di trasporto un carro funebre con 2 autisti e 2 necrofori; 20 imprese equivalgono a 20 carri funebri per bambini con 80 unità lavorative, per una unica uscita media ogni anno! Se non sono cose da pazzi!!! Senza dire della improduttività dell'investimento relativo a 20 carri funebri per bambini destinati a diventare pezzi da museo. Se non è pura follia, è semplice incompetenza o sfacciato favoritismo nei confronti di chi ha inventato queste capotiche, incongruenti assurdità, con un recondito scopo di cui (non) sono chiare le finalità. Sono solo alcune fra le più vistose distonie rilevate spulciando nella nuova aberrante regolamentazione che dovrebbe sovrintendere al servizio di trasporto funebre in quel di Bari. Una regolamentazione inventata per imporre il mono/oligopolio di una o di pochissime imprese, che consentirà di estromettere dal mercato - dei trasporti per ora, poi non si sa! - quelle minori.

Se questo teorema è l'epilogo della "intesa" fra una eminenza grigia locale ed esponenti di una delle associazioni di categoria che a parole propugna la più completa libertà per l'imprenditoria funeraria, ma che nei fatti si prodiga affinché i "grandi" vengano privilegiati a tutto detrimento dei "piccoli", il risultato è stato raggiunto.

La delibera in oggetto contiene tante altre "perle" di minore rilevanza, come il dovere, per le imprese accreditate, di notificare al Comune le generalità dei propri dipendenti addetti al trasporto e le relative variazioni (peggio che sotto le dittature!), sulle quali, in questa sede, è superfluo soffermarsi, se, come è auspicabile, la sua intera efficacia verrà inficiata in sede giudiziaria. I presupposti ci sono tutti: da un esposto all'Antitrust al ricorso al TAR e finanche alla Magistratura ordinaria, se le imprese minori operanti nella città di Bari, coalizzate, saranno capaci di tutelarsi univocamente.

Se io fossi un operatore barese saprei cosa fare: sfidare deliberatamente le assurde norme. Senza curarmi dell'accreditamento, continuerei a svolgere i miei trasporti per indurre il Comune a perseguirmi legalmente, affinché il dibattito venisse spostato davanti alla Magistratura, onde verificare la giustezza e la validità della infida regolamentazione. Ma per fare ciò occorre molto coraggio; a Foggia lo facemmo in pieno regime di privativa e conseguimmo la più schiacciante delle vittorie.

Anche perché vi è un altro grave pericolo incombente da scongiurare, se possibile, preventivamente: se la Regione Puglia facesse proprio l'iniqua regolamentazione adottata nel capoluogo, dei circa 800 operatori funebri pugliesi, ben 780 (poco più, poco meno), non potrebbero svolgere trasporti funebri. E i defunti come raggiungerebbero i cimiteri?
 
Alfonso De Santis

Alfonso De Santis, impresario funebre in pensione, è autore di un libro che tutti gli operatori del settore dovrebbero leggere, "Il dito nella piaga". Una raccolta di 15 racconti, coinvolgenti e divertenti, tutti ambientati nel comparto funerario, ai quali seguono aneddoti e riflessioni personali sulla morte (224 pagine, copertina cartonata rigida).

Il libro è in vendita al prezzo di 10 euro, spese di spedizione comprese.
Le richiesta vanno indirizzate all'autore:
Alfonso De Santis - via della Repubblica n. 24 - 71100 Foggia
telefono e fax 0881/776536 - cellulare 368 7148526


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