- n. 2 - Marzo/Aprile 2023
- Cultura
Un suggestivo cimitero antico
La “Città dei Morti” di Dargavs, una necropoli ammantata da un’aura di mistero.
Il viaggiatore che si trovasse a passare per
Dargavs potrebbe essere ingannato da quello che a prima vista sembra un pittoresco villaggio medioevale abbarbicato sul lato di una montagna. Non si tratta infatti di un borgo caratteristico, bensì di una incredibile necropoli.
Siamo nella Federazione Russa, e precisamente nell’
Ossezia del Nord, ai piedi della catena del Caucaso. Qui sorge un complesso funerario dalle peculiarità davvero uniche chiamato comunemente la “Città dei Morti”. È composto
da 99 cripte in pietra a due o a quattro piani che contengono le spoglie di circa 10.000 persone. Sorgono tutte sul fianco del monte Raminarag le une vicine alle altre, tranne qualcuna un po’ più isolata, destinata probabilmente a forestieri o a coloro che rimanevano senza famiglia.
La conformazione di queste costruzioni è assai singolare, perché ricorda quella di una piccola casa dall’alto tetto a gradoni, molto più scuro rispetto al corpo inferiore, poiché quest’ultimo veniva stuccato con calce o con argilla. L’interno è costituito da una serie di volte a crociera ogivali a sostegno dell’insolita copertura. Sono presenti anche cripte più semplici con un tetto piatto o del tutto assente. Sul punto più elevato del crinale sorge una torre di avvistamento che domina la necropoli con l’evidente funzione di controllo e di protezione del luogo sacro.
Ogni edificio presenta un passaggio molto stretto, di forma quadrata o rettangolare. In precedenza, era chiuso da assi di legno che con il tempo sono andate perdute. Negli anni alcune di queste aperture furono chiuse totalmente o rese ancora più piccole, tanto che ad una persona di corporatura media l’accesso è precluso. Questo restringimento fu verosimilmente attuato per evitare che le tombe venissero violate o per impedire al defunto di ritornare nel mondo dei vivi.
Ogni gruppo familiare possedeva la propria cripta e per secoli gli abitanti di queste terre hanno collocato i propri morti all’interno di esse.
I defunti venivano deposti con i loro vestiti e gli oggetti personali in bare di legno a forma di barca, un dettaglio curioso dal momento che la regione di Dargavs non solo si trova lontano dal mare, ma non è nemmeno solcata da fiumi navigabili. Sicuramente
ci troviamo al cospetto di un rituale simbolico che, analogamente a quanto si può incontrare in altre culture, si basa sulla credenza che per raggiungere l’aldilà l’anima debba attraversare un confine rappresentato da un corso d’acqua. Un simbolismo che non si esaurisce all’interno dei monumenti funerari, ma che si estende anche al terreno prospicente dove sono presenti dei
pozzi in cui i familiari del defunto erano soliti gettare monete. Se la moneta colpiva una pietra significava che l’anima del proprio caro aveva raggiunto il paradiso.
Miti e leggende
La “Città dei Morti”
ancora oggi è considerata dai locali un posto inquietante. Ciò è dovuto anche alle
molte leggende dal sapore gotico che inevitabilmente sono fiorite attorno ad essa, la più spaventosa delle quali narra che chiunque vi si fosse recato non ne avrebbe più fatto ritorno. Una diceria comune a tante civiltà antiche, a cominciare da quella egizia, nata quasi sicuramente allo scopo di tenere lontano eventuali predoni.
Nel XVIII secolo la regione fu colpita da una tremenda pestilenza che decimò la popolazione. Per spiegare questo terribile accadimento prese vita la leggenda secondo cui un giorno arrivò nel villaggio una giovane donna di una bellezza straordinaria. Tutti gli uomini si innamorarono di lei all’istante gettando la comunità nel più totale scompiglio. Mentre gli uomini presero a sfidarsi a morte tra loro per conquistare il suo cuore e le donne l'accusavano di stregoneria, i saggi del villaggio si riunirono in consiglio per mettere fine a questa situazione insostenibile. Fu stabilito che la donna dovesse essere allontanata, ma conquistati anch’essi dal suo irresistibile fascino non riuscirono a dare seguito alla decisione. Alla fine conclusero che l’unica soluzione era quella di ucciderla così solo Dio avrebbe potuto averla. La sua esecuzione coincise con l’inizio dell’epidemia di peste e tanti furono i morti che la terra non riusciva ad accoglierli e per questo furono erette le cripte.
Un’altra storia, sempre legata alla pestilenza, ma che potrebbe essere molto più aderente alla realtà, riferisce che molte persone malate si recarono volontariamente nelle cripte per evitare di contagiare i familiari e che lì vi morirono.
Sicuramente la pestilenza del XVIII secolo determinò un impulso all’ampliamento della necropoli che tuttavia era già presente.
La prima testimonianza scritta della “Città dei Morti” risale infatti agli inizi del XIV secolo, e da altre fonti si apprende che la prima cripta venne presumibilmente costruita nel XII secolo. Le ultime sepolture risalgono invece alla fine del XVIII secolo.
Dargavs oggi
La cittadella di Dargavs rappresenta senza dubbio uno stupefacente e prezioso documento che racconta la vita e le usanze degli antichi Osseti e già in epoca sovietica è stata al centro di grande interesse sia dal punto di vista archeologico che turistico, tale che ora figura nel prestigioso elenco dei siti UNESCO per la sua rilevanza storica e paesaggistica.
Dargavs è situata in una zona oggi per lo più disabitata e raggiungere questo arcaico cimitero non è facile. Si deve partire dalla capitale Vladikavkaz e percorrere strade sterrate. Pare inoltre che nei pressi della meta si alzi spesso una nebbia insidiosa che aggiunge difficoltà alla guida accentuandone al contempo il suo fascino misterioso. Ma nonostante l’inacessibilità del luogo (o forse proprio per questo) i visitatori non mancano, mossi dal desiderio di scoprire un posto così suggestivo e leggendario.
Raffaella Segantin