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il recupero delle tombe di pregio storico artistico. L'esperienza bolognese.

Cimiteri come musei

Un italiano che viaggia poco all'estero difficilmente si rende conto della fortissima urbanizzazione del territorio italiano. Da più di duemila anni l'uomo nella nostra penisola ha trasformato, sfruttato e adattato alle proprie esigenze l'intero territorio. La frammentarietà politica che ha caratterizzato l'Italia fino all'unificazione ottocentesca ha ulteriormente favorito il fiorire di culture e di tradizioni locali. Il risultato è una presenza diffusa di centri urbani in cui sono conservati un elevatissimo numero di opere artistiche e di testimonianze storiche. È ormai assodato che l'Italia sia uno dei territori più ricchi di opere d'arte di tutto il pianeta, ma è pure certo che per il loro recupero e per la loro valorizzazione non si investe quanto si dovrebbe. Paesi molto meno ricchi di testimonianze storico-artistiche rispetto al nostro (basti pensare alla Francia) investono una percentuale del PIL ben più alta rispetto al nostro. Questo aspetto di generale negligenza non coinvolge solo le istituzioni, ma anche il singolo cittadino. Dove uno straniero in una chiesa defilata dai percorsi turistici rimane sbalordito dalla quantità di decorazioni, dipinti e oggetti liturgici conservati, noi diamo appena di sfuggita uno sguardo. Molto più spesso in quella chiesa non vi abbiamo mai messo piede.

In questo panorama non entusiasmante come si colloca il patrimonio di testimonianze storico artistiche conservate nei cimiteri? Lo stato in cui versano i luoghi della memoria è ormai, purtroppo, uno specchio fedele del degrado di tanta parte del nostro territorio. Non basta scomodare l'italiano medio per notare la disaffezione verso questi siti; basta rivolgersi agli storici dell'arte o agli stessi artisti per rilevare una diffusa ignoranza sulla ricchezza e sulla bellezza di tanti dei nostri cimiteri. Oggi siamo abituati a vedere in questi luoghi solo una soluzione a problemi igienici o di memoria della singola persona verso un proprio caro. Nella realtà tutti i siti storici vennero pensati anche come luogo della memoria collettiva dove ognuno poteva lasciare un ricordo duraturo sia per i propri eredi che per la città. Da qui deriva l'alta qualità progettuale degli edifici e dei monumenti pubblici realizzati al loro interno, la diffusione di opere d'arte commissionate per le tombe private e l'impressionante raccolta di testi e di epigrafi che arricchiscono le tombe, dalle più imponenti alle più umili. Non ci si dovrebbe quindi stupire se non sono i musei che conservano il patrimonio d'arte degli ultimi 150 anni, ma proprio i cimiteri.

Gran parte di questa ricchezza versa purtroppo in condizioni mediocri. Il tempo, l'incuria e i furti hanno reso ormai improrogabile un intervento di recupero, pena la perdita di un immenso patrimonio d'arte e di memoria. Negli ultimi anni in realtà qualcosa si sta muovendo. Sempre più spesso le amministrazioni cominciano ad attivarsi per la catalogazione, il recupero e la valorizzazione dei camposanti monumentali. L'interesse dei comuni, delle soprintendenze, delle università e delle associazioni sta lentamente avendo una ricaduta in termini di interesse da parte dei cittadini che sempre più spesso partecipano agli eventi culturali a questi connessi, quando non si attivano per il restauro delle tombe che hanno ereditato. Il tema della proprietà dei sepolcri è centrale per poter avviare un recupero massiccio delle tombe. I manufatti sepolcrali, pur ricadendo su un terreno demaniale sono a tutti gli effetti proprietà privata in cui l'amministrazione del cimitero, anche constatandone il degrado, può intervenire solo in caso di grave rischio per l'incolumità pubblica. In questo senso l'esperienza di Bologna può rappresentare uno dei possibili percorsi praticabili anche da altre realtà nazionali. Il Comune di Bologna ha avviato nel 1999 un programma di catalogazione e di valorizzazione del proprio camposanto monumentale, la Certosa. Il progressivo aumentare delle conoscenze del cimitero derivante dalla catalogazione e dalla riorganizzazione degli archivi ha consentito di comporre un quadro più chiaro sullo stato di degrado del sito. Lo studio approfondito del luogo più importante - il Chiostro III - ha reso evidente che per più della metà dei sepolcri non vi è la possibilità di rintracciare gli eredi dell'acquirente originario sia perché i dati in possesso sono anteriori alla formazione dell'anagrafe, non consentendo quindi di effettuare alcuna ricerca, sia perché la famiglia risulta effettivamente estinta.

Il processo di decadenza della proprietà originaria e la concessione ad un nuovo aggiudicatario è l'unico mezzo a disposizione della pubblica amministrazione per poter consentire un recupero sistematico delle tombe monumentali. Attualmente sono in corso le ricerche anagrafiche per un centinaio di sepolcri per i quali nel tempo si pronuncerà la decadenza in assenza di titolari, mentre i concessionari rintracciati saranno richiamati all'obbligo della manutenzione. Dopo la prima esperienza positiva della riconcessione della Tomba Uttini avvenuta nel 2005, il Comune di Bologna ed Hera spa (ente gestore del cimitero) hanno applicato la decadenza su altri quattro sepolcri di grande pregio storico artistico che verranno a breve resi disponibili per altrettanti nuovi concessionari. Il ricavato della vendita di questi manufatti sarà impiegato nei restauri successivi, creando dunque un processo destinato a durare molti anni. Questo iter consente quindi di rendersi in parte economicamente autosufficienti, senza gravare sul bilancio degli enti coinvolti. In un panorama finanziario pubblico in cui l'investimento nella cultura è sempre più debole, è un percorso che ha forse la possibilità di dare un futuro al passato.

 
Roberto Martorelli

I QUATTRO MONUMENTI RECUPERATI

I quattro monumenti funebri sono collocati nello spazio artisticamente più importante del cimitero bolognese, il cinquecentesco Chiostro III, e rappresentano al meglio il gusto dell'aristocrazia bolognese di inizio '800 e le peculiarità tecniche e artistiche della scuola locale. Tre sono tombe dipinte: la tomba Orsi (1803 circa) realizzata da Antonio Basoli, la tomba Rivieri-Folesani (1801-1818), eseguita da Flaminio Minozzi e Pietro Fancelli, la tomba Salaroli (1805-1811), opera di Giuseppe Tadolini e Gaetano Caponeri. La quarta, la Tomba Demaklis (1820 circa) eseguita da Giovanni Putti, è in stucco e gesso. Questi sepolcri verranno assegnati per la durata di novant'anni, rinnovabili. Hera eseguirà i lavori di adeguamento igienico-sanitario mentre restano a carico dei singoli aggiudicatari i lavori di restauro artistico. A dimostrazione della ricchezza di dati non solo artistici che si possono ricavare da ogni sepolcro analizziamo una delle quattro tombe su cui è stata applicata la decadenza, la Rivieri Folesani.

Il monumento è dedicato a Tarsizio Rivieri Folesani (Bologna, 1759 - 1801), docente di Anatomia e Ostetricia presso l'università bolognese e allievo di Gaetano Uttini, anatomo-patologo per lo stesso ateneo. Vasta fu la sua attività specialistica e tale fu la fama raggiunta in città che la Commissione di Sanità volle commemorare il presidente e il cittadino, facendone erigere il monumento nel Cimitero inaugurato appena un mese prima. Il dipinto raffigura una tomba in stile egizio a forma di piramide. La porta del sacello è occupata dalla lapide e sulla sommità viene rappresentata la Medicina. La tomba è inserita in uno spazio aperto ove sullo sfondo sono visibili file di cipressi. Quest'opera è il primo monumento realizzato per il cimitero pubblico, inaugurato il 15 aprile 1801, e divenne uno dei modelli per le realizzazioni successive effettuate con la stessa tecnica esecutiva. La lapide ha inciso un testo che come consuetudine è in latino e che tradotto recita: "A Tarsizio Rivieri, eletto nel Collegio dei filosofi e dei medici, membro del Collegio Benedettino e del Collegio Vittoriano torinese, medico chirurgo dell'Ospedale Maggiore (….) trasmesse pubblicamente l'anatomia, la chirurgia, l'arte ostetricia. Uomo di gran scienza e molto eloquente, nato per insegnare, visse 41 anni. Morì il 20 maggio 1801 (…) per i suoi meriti, posero".

Il monumento è opera di Flaminio Minozzi (Bologna, 1735 - 1817). Tutta la sua attività artistica fu rivolta verso la decorazione di quadratura e la pittura d'architettura, mentre più raramente si dedicò alla realizzazione di apparati effimeri. Dopo un iniziale tirocinio presso la bottega del padre e di Carlo Sicinio Galli Bibiena, nel 1765 effettuò il canonico viaggio di studio a Roma. Al ritorno iniziò la propria attività di decoratore che gli valse sempre più numerose e qualificate commissioni pubbliche e private e che lo portò a ricevere nel 1778 il titolo di Principe dell'Accademia Clementina. Tutta la sua attività si svolse nell'ambito del territorio bolognese e solo di rado operò al di fuori di esso. Del suo vasto repertorio di decorazioni si segnalano le opere realizzate nei palazzi Hercolani e Malvasia, nonché per il Palazzo Arcivescovile. Altre opere di rilievo sono ancora visibili a Forlì.

 

LA CERTOSA DI BOLOGNA

Il Cimitero comunale fu istituito nel 1801 nella Certosa di San Girolamo di Casara, fondata a metà del '300 e soppressa nel 1797 da Napoleone. La forte passione della nobiltà e della borghesia per la costruzione dei sepolcri familiari trasformò la Certosa in un vero e proprio "museo all'aria aperta", tappa del grand tour italiano: la visitarono Byron, Dickens, Mommsen, Stendhal. In particolare il Chiostro III è un ciclo notevole di ispirazione neoclassica e di simbologia illuministica; uniche forse nel mondo sono le tombe dipinte a tempera. Nella Chiesa sono da segnalare il trittico della Passione di Cristo, opera di Bartolomeo Cesi (1556-1629) e il coro ligneo intarsiato ripristinato nel 1538 dopo l'incendio provocato dai Lanzichenecchi di Carlo V, nonché le tele del ciclo cristologico commissionate nel corso del XVII secolo ai più importanti pittori bolognesi dell'epoca. Altre opere di Antonio e Bartolomeo Vivarini, Ludovico e Agostino Carracci, oltre che del Guercino, furono trasferite in epoca napoleonica alla Pinacoteca nazionale di Bologna. I ritrovamenti della necropoli etrusca scoperta durante scavi per l'ampliamento del cimitero alla fine dell'800 sono custoditi nel Museo Civico Archeologico. Nel cimitero di Bologna sono sepolti molti personaggi importanti per la storia cittadina e italiana, fra i quali lo statista Marco Minghetti, i pittori Giorgio Morandi e Bruno Saetti, il poeta Giosuè Carducci e lo scrittore Riccardo Bacchelli, il compositore Ottorino Respighi, l'ufficiale polacco Giuseppe Grabinski, gli industriali Alfieri Maserati, Edoardo Weber e Nicola Zanichelli.


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