- n. 9 - Settembre 2003
- Psicologia
Cerimonie funebri: crisi o rinascita?
In Inghilterra è uscito un manuale per redigere le orazioni funebri. Si intitola Well chosen Words (Parole ben scelte), lo ha scritto il poeta ufficiale della Regina, Andrew Motion, con il finanziamento di una delle più importanti imprese di pompe funebri inglesi, la Funeralcare. Le regole più importanti per cavarsela ricordando in pubblico il defunto sono, secondo Motion, il ricordare cosa faceva di lui una persona speciale e il rievocare un momento in cui l'avete visto felice. Il resto si intuisce e si può catalogare come l'ennesimo manuale che gli anglosassoni così abilmente compilano su tutto.
Ma più che sul contenuto vorrei riflettere sul significato dell'uscita di una simile pubblicazione. Cercando di rispondere a questa domanda: un manuale come questo è indizio di crisi delle cerimonie funebri o indizio di rinascita?
Si sa quanto in Occidente siano in crisi le cerimonie funebri tradizionali e come questo determini una diffusa insoddisfazione tra i dolenti di tutte le confessioni religiose, che siano cremazionisti o meno, e persino tra gli atei.
La soluzione giusta per questa crisi sarebbe secondo alcuni, sulla scia di quanto già accade negli USA, il formare una figura professionale, il cerimoniere, in grado di gestire le cerimonie funebri in relazione con le esigenze psicologiche e con la cultura dei dolenti. Il manuale di Motion in questa ottica può essere considerato un prezioso strumento per organizzare una parte importante della cerimonia funebre, l'orazione funebre; nonché espressione di una rinascita "razionale e programmata" delle cerimonie funebri.
Altri notano che l'insoddisfazione dei dolenti sulle cerimonie funebri non risparmia nemmeno gli USA, proprio perché spesso è la professionalizzazione della cerimonie funebri che "spersonalizza", fa apparire artificiale e privo di pathos il commiato dei defunti. In questa ottica il manuale di Motion può essere considerato il punto massimo della standardizzazione delle cerimonie funebri e quindi della loro crisi: quando nessuno sa più come prendere commiato dal defunto, ci vuole qualcuno che gli proponga una cerimonia già confezionata sulla base di un buono standard sociologico ed estetico. In tal modo la crisi delle cerimonie funebri si "maschera" evitandone gli effetti più devastanti sull'elaborazione del lutto; un po' come prender moglie tramite una buona agenzia matrimoniale non risolve il problema della mancanza d'amore, ma lo maschera e lo rende più vivibile standardizzando razionalmente la scelta amorosa.
Per parte mia, ritengo che le due posizioni siano entrambe giuste e quindi entrambe sbagliate. La prima posizione è giusta perché cerca di venire incontro alle esigenze di tutti in modo egualitario (e quindi mercantilizzabile), così come facevano i riti funebri tradizionali, solo che lo fa, invece che sulla base di credenze comuni, sulla base di una standardizzazione dell'esperienza. Essa è al tempo stesso sbagliata perché, esattamente come i rituali funebri tradizionali, non consente una "personalizzazione" adeguata delle cerimonie funebri. La seconda posizione è giusta perché enfatizza l'esigenza della "personalizzazione" e dell'autenticità emotiva, solo che non è in grado di superare la crisi dei rituali funebri tradizionali. Essa è, al contempo, sbagliata proprio perché non contenendo soluzioni alla crisi dei rituali funerari espone i dolenti alle conseguenze emotive di questa crisi senza alcuna difesa, fosse pur quella minima del mascheramento consentito dalla standardizzazione.
È evidente quindi che bisogna andare alla ricerca di una terza alternativa.
Mi sembra che si possano rintracciare nella contemporaneità gli indizi di una tale alternativa allorché i dolenti tentano di "costruire" in modo autonomo e "creativo", con i materiali a disposizione (i materiali della cultura tradizionale e/o standardizzazioni simili a quelle proposte da Motion o da qualsiasi competente cerimoniere), cerimonie funebri in grado di venire incontro alle esigenze soggettive di tutti gli individui interessati al lutto e senza trascurare il messaggio da trasmettere a coloro che "osservano" dall'esterno la cerimonia, potendola condividere in tutto o in parte e quindi riprenderla e perfezionarla in funzione di altre cerimonie.
In altri termini, non bisogna dimenticare che quando si dice che i contemporanei sono insoddisfatti delle cerimonie funebri, questa insoddisfazione può essere di tanti differenti tipi, essendo tanti, e diversi tra loro, coloro cui il commiato del defunto "riguarda".
Insomma, la soluzione sembra prospettarsi tutte le volte che le varie personalizzazioni delle cerimonie funebri fanno uno sforzo creativo per non annullare né imporre nessuna particolare personalizzazione (come accade sia quando si stabilisce una tradizione, sia quando si afferma uno standard), creando di volta in volta cerimonie necessariamente "incompiute" e da proporre ad altri dolenti come canovacci per contribuire allo sforzo di rendere umana, cioè vivibile per sé, ma anche con e per gli altri, l'esperienza del commiato dei defunti.
Francesco Campione