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ABITI A ROVESCIO E MOBILI CAPOVOLTI

Quando sopraggiunge la morte, in molte comunità i superstiti adottano comportamenti contrastanti od eccessivi, per sottolineare quanto il distacco abbia sconvolto la loro esistenza. Di fronte al decesso, non solo cambiano atteggiamenti ed abitudini personali, ma anche regole sociali, come se la morte venisse a stravolgere la normale quotidianità. E, alle volte, nascono disordini veri e propri.
Frastorna, disorienta, confonde. Tanto da provocare forti reazioni, atteggiamenti contrastanti, comportamenti eccessivi. Se non addirittura disordine e caos. Il distacco è una esperienza talmente forte, non solo nella vita delle persone, ma anche dell'intera comunità, che può suscitare le più intense e particolari emozioni, le più straordinarie e alle volte spettacolari situazioni.
Presso molte culture, nelle più diverse epoche storiche ed in ogni parte del mondo, sono infatti segnalate diverse usanze in questo senso: i congiunti, di fronte alla perdita di una persona vicina, cambiano il loro modo di agire, facendo esattamente l'opposto di quanto dovrebbero. Probabilmente si tratta di espressioni mirate a distinguersi dal resto della comunità: specifici rituali, per dimostrare quanto il lutto abbia modificato, trasformato, sconvolto la loro esistenza.

TRAVESTIMENTI E FUCILI CAPOVOLTI. Già nell'antica Grecia c'è la tradizione di adottare abitudini contrarie a quelle solite: ad esempio, durante il periodo di lutto, le donne portano i capelli rasati, mentre gli uomini li fanno crescere.

Se verso la metà del Seicento gli uomini delle popolazioni contadine germaniche, capovolgendo la norma comune, portano la testa coperta durante i funerali, nella Francia del XVIII secolo, poi, è segnalato che i soldati, nelle cerimonie di lutto pubblico, portano i fucili capovolti.

Nella Grecia moderna ed in alcune zone dell'Austria, ancora a ridosso del Novecento, viene invece mutato il normale uso di portare i fazzoletti in testa: quando vi è un lutto, gli uomini di famiglia, che di solito portano il fazzoletto annodato a lato del viso, lo indossano legato sotto il mento, proprio come le donne. In Bulgaria, per dimostrare il proprio dolore, le donne portano i vestiti "sottosopra" o al contrario.

Anche in Italia vi sono tradizioni legate allo stravolgimento di comportamenti ed abitudini. In Sicilia, è segnalato il contrasto con le prescrizioni liturgiche: durante le cerimonie funebri, gli uomini hanno la testa coperta e le donne scoperta. Queste, soprattutto nelle comunità intorno a Messina, durante la sepoltura, spesso lasciano pure le sedie e si siedono per terra. Mentre in alcuni paesi della provincia di Sassari, in Sardegna, è segnalata la stessa usanza, in alcuni piccoli centri intorno a Nuoro le donne a lutto indossano a rovescio il costume tradizionale. Spesso, dunque, di fronte alla morte si assiste ad una sorta di inversione di ruoli e di alterazione delle consuetudini. Come se la morte venisse a stravolgere la normale quotidianità. Così, gli uomini di alcune popolazioni dell'Indonesia, si travestono, portando abiti femminili. Presso i Begoro della Costa d'Avorio le donne e gli uomini indossano gli abiti del sesso opposto. Proprio per indicare il capovolgimento della realtà, in Zaire, le genti di alcune piccole tribù mettono i vestiti al contrario, mentre per la morte di un Masai del Kenia il figlio maggiore porta gli abiti rovesciati. Mettono invece il berretto capovolto i Susu della Guinea, quando diventano vedovi.

TEGAMI AL CONTRARIO E PIATTI ROTTI. Compiere gesti opposti rispetto a quelli soliti o agire in modo particolarmente furioso durante il periodo di lutto, viene di solito collegato all'idea che il regno dei morti è luogo in cui tutto è inverso a ciò che è nella vita. Così, in provincia di Cosenza, in Calabria, in alcune case, vi è la tradizione di mettere capovolti casse, cassettoni e altri mobili e lasciare in disordine biancheria e vettovaglie, proprio per indicare che la morte ha messo tutto sotto sopra. E se in Corsica, ancora a metà del Seicento, si rompono i piatti e si rivoltano tutte le panche, in Molise, fino agli inizi del Novecento, è segnalata l'abitudine di capovolgere tutti i tegami nella dispensa.
In alcune regioni della Germania, per il decesso di un familiare, si girano gli specchi e le sedie, mentre in Francia, in diverse zone della Bretagna, per indicare che la morte ha sconvolto la vita della comunità, si torna a casa dal cimitero camminando all'indietro.

Anche tra le più diverse popolazioni dei vari continenti sono presenti usanze che sottolineano lo stravolgimento provocato dalla morte. Presso i Sambara del Mali, ad esempio, il defunto si veste alla rovescia; tra gli Zulu del Sudafrica, per prelevare la bara, i portatori entrano a ritroso nella capanna del morto; in Etiopia, alcuni gruppi eseguono le danze funebri facendo i passi in senso contrario rispetto ai movimenti abituali.

DISORDINI SOCIALI E RIVOLGIMENTO DEI RUOLI. Soprattutto nelle società antiche, in quelle contadine o guerriere, nelle tribù, la figura del capo del gruppo, del re o del principe è talmente importante che la sua morte fa precipitare il gruppo in un radicale disordine, che adotta quindi comportamenti degradanti o del tutti opposti rispetto alla normalità.

Nell'antica Roma, nel 44 a.C., alla morte di Giulio Cesare, quando il cadavere viene messo sul rogo i suonatori di flauto e gli istrioni si tolgono i vestiti indossati per la cerimonia, li fanno a pezzi e li gettano nelle fiamme. In occasione dei funerali di Augusto, morto nel 14 d.C., invece, compaiono altri segni di degradazione dei ruoli: i membri dell'ordine equestre, delegati a raccogliere le ossa dopo il rogo, vestono per il lutto una semplicissima tunica, senza cintura, rimanendo anche a piedi scalzi, i magistrati in carica depongono i simboli della loro posizione, i consoli lasciano vuoti i loro posti e siedono sugli scanni di rango inferiore, i senatori si vestono da cavalieri. Nella Roma imperiale, poi, la morte di un personaggio importante provoca la solenne sospensione dell'amministrazione della giustizia per il periodo di lutto.

Anche l'Inghilterra conosce i disordini sociali legati al decesso di personaggi importanti. Quando muore Enrico II, nel 1136, l'Inghilterra diviene la terra di ogni disordine: gli storici parlano infatti di un periodo in cui naufragano i rapporti sociali e fioriscono le risse tra le genti, violenze, malvagità, soprusi di ogni genere.

Durante il Medioevo, sono anche frequenti i tumulti in occasione della morte delle più elevate cariche ecclesiastiche. Molte testimonianze riguardano l'uso di saccheggiare i beni dei vescovi dopo la loro morte: una consuetudine condannata dai Concili di Calcedonia del 451, di Ilerda, in Spagna, nel 524, di Valenza nel 546. Scosso dai fatti, nel 1051 papa Leone IX invia una dura lettera agli abitanti di Osimo, che non solo invadono e depredano l'abitazione del vescovo defunto, ma recidono anche i suoi vitigni e le sue piantagioni. La morte di un capo può dunque determinare nel corpo sociale una scossa profonda e lo scatenamento di forti passioni, di solito trattenute dall'autorità di chi governa: alle Fiji, le tribù disorientate dalla morte del capo, fanno irruzione nella capitale e si danno ad ogni eccesso. Disordini avvengono anche nell'arcipelago delle Caroline e presso i Maori: la famiglia del capo defunto viene spogliata delle sue vettovaglie e dei suoi beni, perché con la morte anche il potere viene spazzato via.

Manifestazioni violente sono ricordate tra gli Indiani della Prateria: non appena il cadavere viene portato nel luogo della sepoltura, tutto ciò che si trova nella capanna del morto viene buttato fuori, per terra, perché lo prenda chi vuole. Anche la stessa capanna viene disfatta e il materiale di cui è composta viene affidato ad altri componenti della tribù, che potranno servirsene per ricostruire nuove dimore. Perché, passata la furia della morte, la vita torni alla normalità.
 
Gianna Boetti

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